Oltre le impasse dell’autonomia: Castoriadis tra politica e psicanalisi

Emanuele Profumi

 

download“Autonomia (…) vuol dire che ognuno si dà la propria legge, e la legge, per definizione, contiene l’idea della generalità o dell’universalità. (…). Imporsi la propria legge, vuol dire darsi dei limiti. Ovvero inventare, creare da soli, porre, delle cose che sono permesse e delle altre che non lo sono. Cioè autolimitarsi. Bisogna comprendere l’enorme importanza che ha questa questione dei limiti sia in psicanalisi sia nelle questioni più profonde della politica democratica. (…). Come l’individuo (…), la collettività democratica deve accettare che non ci sono fonti del senso altre rispetto alla propria attività, che è la sua attività ad essere creatrice di senso. (…). Tutto ciò avviene solo nella misura in cui essa riconosce che una società può accettare la contingenza ultima di ogni significazione e di ogni senso che creiamo nella storia, e comprende che le sue istituzioni, per il fatto di essere contingenti, ovvero di essere create da essa e di essere cambiate, non sono per questo insignificanti,  perché sono precisamente queste istituzioni le condizioni dell’emergenza e della creazione del senso nel e attraverso la società”1.

Dopo oltre quindici anni dalla morte di Cornelius Castoriadis, davanti alla pubblicazione di una buona quantità di interventi e di gran parte delle lezioni al centro del progetto filosofico della Creation humaine (tenute presso l’Ehess tra gli anni ’80 e gli anni ’90)2, e grazie ad una ricerca specifica degli inediti relativi ai seminari del ’93, dedicati alla psicanalisi, così come ad altri seminari e testi mai pubblicati, relativi a psicanalisi e politica3, si può fare un primo bilancio critico, complessivo e sintetico, della  proposta d’emancipazione umana che ci lascia in eredità.

Percorso comune alla prospettiva della Scuola di Francoforte (e della Teoria critica che cerca di rinnovarla), ma più radicale sul piano della proposta e meno accademico sul piano formale, il tentativo di Castoriadis è quello di affrontare il binomio autonomia-eteronomia con gli strumenti di conoscenza e critica nati da una riflessione filosofica generata dalla pratica diretta di quelle che considerava le principali forme di emancipazione umana dal dominio e dall’alienazione (la politica, la psicanalisi, la filosofia, la pedagogia). Attività pratico-poietiche sviluppate per anni. Ma, se la filosofia gioca ancora il ruolo di riflessione generale in grado di unire le diverse branche della conoscenza, come lo era per i maggiori filosofi antichi e moderni, per Castoriadis sono la psicanalisi e la politica a costituire la chiave di volta in grado di rivoluzionare il nostro presente e praticare l’autonomia umana portata dai grandi movimenti di contestazione della società capitalista (e non solo).

Il greco-francese è, probabilmente, uno dei maggiori filosofi del secolo scorso e, quasi sicuramente, il maggiore filosofo politico che il ‘900 possa vantare insieme ad Hannah Arendt. Dopo aver riconosciuto tale eredità4, è necessario, però, rintracciare le impasse che la sua proposta filosofico-politica lascia ormai intravedere, per continuare l’opera di chiarimento delle possibilità che ci sono date per edificare una società più giusta e rispettosa di alcune prerogative dell’essere umano. Bisogna spingersi oltre: non solo chiarire in che modo psicanalisi e politica costituiscano il centro della sua proposta d’emancipazione, e come questi due domini umani s’influenzino a vicenda sul piano della riflessione filosofica, ma cogliere e superare i problemi che pongono alcune idee al centro dell’approccio di antropologia filosofica di questo autore, per continuare a pensare criticamente l’autonomia e il suo progetto.

1)    La politica come norma istituente della società autonoma

  Vista la rilevanza che occupa la pratica politica, è bene iniziare col chiarire come il nostro autore abbia costruito la sua prospettiva d’emancipazione politica, e dove rintracciare i maggiori problemi pratico-teorici.

Progressivamente, con la riflessione sull’autonomia e il sostegno ai movimenti di contestazione della società capitalista e soprattutto grazie allo studio delle condizioni della sua nascita nell’Antica Grecia, la politica, per Castoriadis, diventa la norma istituente della società autonoma. Norma da intendersi contemporaneamente come pratica indispensabile per l’instaurazione di questo tipo di società e come centro organizzatore della nuova società.

La concezione marxista del primo Castoriadis, interno alla pratica politica sviluppata dall’organizzazione Socialisme ou Barbarie, era già ampiamente segnata da una valorizzazione della politica come prassi d’emancipazione, benché fosse ancora il lavoro al centro delle preoccupazioni rivoluzionarie e delle prospettive di liberazione5. Il socialismo, e la sua rivoluzione, erano concepiti come il frutto della gestione operaia scaturita dalla diffusione dei soviets e dei consigli (intesi come organi politici) che, a differenza del marxismo classico, dovevano assumere che l’attività politica rivoluzionaria fosse necessaria per la liberazione dall’alienazione politica imposta dal capitalismo6. Già in questo periodo, il nostro filosofo oppone la politica alla burocratizzazione della vita sociale che uccide l’interesse per la cosa pubblica (che costituisce il contenuto stesso di questa pratica collettiva): la politica di una società socialista riguarda le decisioni che concernono l’insieme della popolazione, una migliore organizzazione della vita quotidiana, e la ricerca di soluzioni ai problemi di carattere generale relativi all’avvenire della società7.

In un primo momento la politica rivoluzionaria viene opposta alla concezione e alla pratica tradizionale della politica, considerata una forma di manipolazione della collettività, e le viene attribuito il carattere centrale di momento in cui la società, come totalità, riesce a riconoscere ed esplicitare i suoi problemi8. La rivoluzione socialista è ormai pensata come il superamento dell’alienazione della società al proprio immaginario, divenuto autonomo dalla volontà della collettività e dei singoli9. Castoriadis parla anche di un enigmatico passaggio dall’etica dell’autonomia alla politica dell’autonomia, per chiarire come una politica dell’autonomia debba essere al centro del progetto rivoluzionario e come la praxis di autonomia sia ormai da considerarsi il contesto specifico dove nasce e può essere compresa10.

Con la fine dell’esperienza social-barbarica e l’inizio degli anni ’60, e fino alla metà degli anni ’70 e alla realizzazione definitiva dell’Institution Imaginaire de la société (IIS), ovvero con la fondazione della filosofia della creazione umana e l’uso della categoria d’immaginario radicale, la sua concezione della politica muta significativamente.

Dalla prima metà degli anni ’70, fino alla pubblicazione dell’importante saggio Valeur, égalité, justice, politique de Marx à Aristote et d’Aristote à nous, il suo discorso cambia: il problema dell’alienazione non è più relativo alla sola politica o al doppio processo di burocratizzazione-privatizzazione della società contemporanea, ma si estende e approfondisce, diventando la forma propria dell’occultamento dell’essere istituente di ogni società. L’autogoverno, sino a quel momento considerato sulla base del modello storico dell’autogestione operaia, diventa un problema che non può essere risolto esclusivamente con il richiamo alla democrazia diretta o all’organizzazione rivoluzionaria, ma che necessita di una profonda rielaborazione dell’idea di politica. C’è bisogno, infatti, di comprendere come arrivare ad avere una società che non si alieni alle proprie istituzioni, che sappia affermare un nuovo modo dell’istituirsi, della società e degli uomini, a quanto è stato già istituito. Da questo momento il fare politico riguarda l’autotrasformazione del fare sociale11. Insomma, il contenuto del progetto rivoluzionario è la creazione di una società in grado di istituirsi in modo continuo, e la politica è la lotta per il mutamento del rapporto che la società ha con le sue istituzioni o creazioni collettive12.

Il “ritorno ad Aristotele” di Castoriadis, va considerato in questo contesto problematico. Dal confronto con il filosofo antico, emergono, non a caso, le idee attorno alle quali verrà ripensata la politica: il cambiamento della società è ormai considerato prima di tutto un progetto politico, mentre la vera attività politica va considerata come la più architettonica delle virtù umane perché, da un lato, è la pratica che porta all’istituzione della società come tale (come il momento dell’affermazione della giustizia totale), e, dall’altro, fonda la comunità politica sulla base dell’instaurazione del partecipabile, ovvero del potere e dell’organizzazione normativa della comunità (la costituzione di una società rende uguale ciò che per natura è diverso, e la comunità politica è la collettività costituita da coloro che sono partecipi del potere)13.

L’idea di una politica come progetto della società comincia a delinearsi nella seconda metà degli anni ’70, e a farsi più chiara rispetto all’ambiguità, mai realmente superata, di una sovrapposizione tra l’idea di un’autoistituzione della società e quella della rivoluzione14: la politica è altro dalla rivoluzione, benché ne rappresenti il cuore pulsante, così come non si può sovrapporre alla trasformazione complessiva della società, anche se è l’unico modo per avviare un mutamento consapevole di questo tipo ed abbia assunto a sua finalità interna proprio tale cambiamento. Tra il ’77 e il ’79, in particolare, Castoriadis esprime le principali idee che costituiscono il campo concettuale della sua nuova idea di politica: essa è una componente dell’autoistituzione della società, e i suoi principali problemi sono, in senso ampio, l’istituzione globale della società e, in senso stretto, il potere e il suo esercizio (quello che più tardi chiamerà il politico)15. La rivoluzione ungherese del ’56, schiacciata dalla repressione russa, è ormai considerata un prova rilevante della centralità che la politica riveste nel moto di trasformazione della società capitalista: la distruzione dello Stato si accompagna con la presa in considerazione positiva del problema politico dell’istituzione della società, dell’uguaglianza e dell’educazione al potere16. La vera attività politica mostra, negli atti, che la fonte dell’istituzione è l’attività istituente del popolo che instaura uno spazio e un tempo pubblici, un interesse vitale per la cosa pubblica, e impone l’eguaglianza rispetto all’esercizio del potere, della legge e della gestione degli affari comuni17. È in questo momento che Castoriadis conia l’idea del progetto d’autonomia (inizialmente legato ai movimenti d’emancipazione degli ultimi duecento anni) e ha l’intuizione, mai realmente sviluppata, della creazione politica18. La politica non è però sovrapponibile alla trasformazione sociale come tale, perché quest’ultima è una vera e propria mutazione antropologica19. Sempre di questo periodo è il riferimento sintetico a tutte queste idee attraverso la parola greca Paideia, che riveste, come vedremo, un’importanza centrale nell’economia filosofico-politica del discorso di Castoriadis20.

Con l’inizio della sua ricerca sulle origini del progetto d’autonomia, ovvero con la nascita della filosofia e della politica nell’Antica Grecia, il nostro filosofo avvia una ricerca che lo porta a raffinare continuamente la definizione di politica, e del suo primato per la realizzazione dell’autonomia sociale. Da questo momento in poi, oltre a sviluppare una rappresentazione della paideia politica, per parlare di politica egli si riferirà principalmente, e contemporaneamente, all’idea di un’autolimitazione del corpo sociale, ovvero alla politica come esercizio della limitazione del potere collettivo da parte della collettività stessa, e anche all’assenza di un ordine definito della politica, che, parafrasando ironicamente Kelsen, chiama la groundnorm della società (ovvero il primo atto istituente che determina il corpo istituente)21.

Dalla seconda metà degli anni ’80, e sino alla fine dei suoi giorni, il chiarimento concettuale di quanto costituisce la politica è uno dei campi di riflessione che Castoriadis privilegia. Egli si orienta verso la definizione di due idee cardinali, filiate a loro volta dall’idea di autolimitazione appena ricordata e a cui farà sempre più spesso riferimento (probabilmente per contrapporla all’illimitatezza che segna la società capitalista).

In primo luogo difende l’immagine di una attività pratico-poietica che rende visibile la mortalità dell’essere umano, possibile quando tale mortalità viene interiorizzata da chi la pratica.

In secondo luogo definisce la politica come un esercizio che ha l’obiettivo di creare istituzioni ed attività che mirano a facilitare l’accesso degli individui all’autonomia e a garantire loro la sfera più estesa possibile di vita individuale libera22.

Ecco perché la politica diventa, ormai, la condizione della riflessività di un vero regime democratico: per il nostro autore essa stimola nella collettività il massimo della riflessività possibile sul fare, sulle opere e sulle leggi comuni, differenziandosi così da “il politico”, luogo del potere esplicito in grado di emettere sanzioni, e incarnandosi, invece, nella sfera pubblica per eccellenza, in cui la giustizia non sia altro che la possibilità di rimettere sempre in discussione sia la legge vigente sia il potere istituito23.

1.1)            L’individuazione democratica

   Ad una prima lettura sembrerebbe che tale evoluzione concettuale avvenga su un terreno di riflessione strettamente filosofico-politico, estraneo alla pratica e alla riflessione psicanalitica. Una riflessione ulteriore ci permette di capire come, invece, la psicanalisi abbia influito non solo sulla riflessione filosofica24, ma anche sulla concezione della politica.

Dai documenti d’archivio in mio possesso non emergono grandi novità sul piano della concezione della politica appena sintetizzata. Alcune idee, però, per quanto frammentarie o aforistiche, sono particolarmente importanti per rivelare questa influenza, perché consentono di evidenziare il contesto problematico in cui ci troviamo se seguiamo la proposta di Castoriadis sul piano dell’emancipazione umana.

Alcuni inediti ci consegnano, infatti, delle affermazioni che complicano il campo concettuale della politica: non solo da essi possiamo capire quale sia stata l’importanza del movimento del ’68 sulla concezione politica che maturerà circa dieci anni dopo quell’anno25, ma siamo anche spinti a dubitare del primato castoriadisiano della politica sull’etica (come del resto ho già fatto altrove, sottolineando la circolare coimplicazione tra etica e politica ricavabile dal suo stesso discorso), e a considerare come l’attitudine politica abbia bisogno di una specifica norma etica: “(…) la mia libertà etica non consiste nella facoltà di applicare o no delle norme una volta per tutte, ma di porre/creare la norma della mia azione allo stesso tempo di questa stessa azione, detto altrimenti, non posso agire senza norma, il che significa che non mi autorizzo a fare qualsiasi cosa, ma che mi sottometto, rispetto a me stesso, ad un logon didonai, rendere conto e ragione, al cospetto del quale di certo l’errore è possibile”26. Ciò che risulta più rilevante, però, emerge sul piano del progetto d’autonomia. Parlando del ruolo del pensatore politico, Castoriadis afferma, infatti, che : “(…) ciò che volevo dire è che, in ultima istanza, l’esistenza in società comporta un progetto, essa comporta la difesa di questo progetto (…)”; oppure, in un altro contesto, che : “(…) una pseudo-“memoria” cosciente fabbricata è, come mostra la psicanalisi, costitutiva di ciò che chiamiamo identità personale. Questa pseudo “memoria” collettiva, la si troverà sotto diverse forme (…)”27. Ossia, si fa strada l’idea che la società abbia lo stesso modo di essere dell’individuo, soprattutto sul piano dell’emancipazione, e più quanto non appaia ad una prima lettura.

A queste due importanti considerazioni, va aggiunto un chiarimento indispensabile che si può dedurre dall’evoluzione del pensiero politico a cui ho fatto riferimento: nell’ultima fase della riflessione di Castoriadis si sovrappongono due idee di politica, due facce della stessa paideia politica, strettamente intrecciate e appartenenti ad una matrice concettuale comune.

La prima, risalente alle riflessioni social barbariche, eredità delle posizioni di Aristotele (siamo cittadini quando siamo capaci di governare e di essere governati) e di Montesquieu (siamo cittadini quando ci interessiamo alla cosa pubblica), può essere così sintetizzata: la politica è la realizzazione della sfera pubblica, è l’espressione dell’autonomia collettiva che si fonda sull’eguaglianza a livello del potere. In questo senso la giustizia non è l’espressione di una particolare organizzazione della società, ma della possibilità continua di poterla riorganizzare a seconda della nostra libera eguaglianza, collettiva, fondata sull’affermazione del potere di tutti. L’istituzione politica si regge su un principio che promuove continuamente: rendere eguali tutti sul piano del potere affinché ognuno possa partecipare al cambiamento della società.  La creazione di quanto è comune, delle norme e del loro senso, si radica sul potere collettivo di poter essere altro sul piano delle forme legali e dei criteri del giusto e dell’ingiusto (dell’istituente)28.

La seconda, in linea con l’idea di creazione politica, e di paideia democratica, emersa con la riflessione sul movimento ecologista e sulle origini sociali-storiche dell’autonomia umana nell’antica Grecia (sostenuta dall’assunto hobbesiano che vede nella mortalità la pietra angolare dell’istituzione della società), trova la propria rappresentazione nell’idea di autolimitazione collettiva. L’autonomia collettiva si afferma come creazione di un’identità democratica radicata in un consapevole potenziamento del portato antropologico del sociale-storico. Ciò che è in gioco nella politica è il “noi” che costituisce la nostra istituzione della società, e la sua costruzione ci permette di capire se stiamo istituendo una società democratica oppure no:  “(…)questo “noi”, ben inteso, non resta mai un semplice “noi”, è sempre “riempito” da riferimenti specifici (…). (…). (…) ciò che ci importa è l’instaurazione di una vera società politica; ed è esattamente ciò che intendo per una società che si auto-istituisce esplicitamente. Il “noi” diviene qui: noi siamo quelli che abbiamo come legge di farci le nostre leggi29.

Ecco perché spesso Castoriadis, per sintetizzare le due idee, parla di autolimitazione come del fatto di porsi collettivamente i limiti del nostro potere, e della politica come quell’attività lucida che pone criticamente la validità di diritto delle istituzioni-significazioni sociali (e della società come tale)30.

Ciò che risulta decisivo in questa sede è il fatto che queste due idee hanno una matrice comune, figlia dell’influenza che la praxis psicanalitica ha sulla prospettiva d’emancipazione generale: la logica che la forgia prende la forma della dinamica riflessiva e deliberativa che si instaura tra l’Io e l’Es durante la pratica analitica31, e dal rifiuto di opporre l’individuo alla società sul piano antropologico (come fa una certa tradizione moderna). In altre parole, l’autonomia del singolo, sviluppata a partire da un intervento dell’Io sull’Es in grado, in primo luogo e riflessivamente, di accogliere e rendere espliciti completamente i propri contenuti, e, in secondo luogo, di criticare e scegliere quali di questi contenuti condizioneranno le sue azioni future, ha lo stesso doppio movimento circolare che hanno le due istanze collettive, l’attività istituente e la realtà istituita, al cospetto dell’azione politica. In altre parole, la politica interviene sulla società pre-politica (la società civile), ma è da questa che nasce il movimento politico. Come a livello individuale, grazie al praxis-poiesis della psicanalisi, si deve alterare il rapporto tra l’Io e l’Es, a livello collettivo, grazie alla praxis-poiesis della politica, ad alterarsi deve essere il rapporto tra la società e le sue istituzioni. “Si tratta di non essere schiavi dell’inconscio, ovvero di poter fermare il passaggio all’espressione o all’atto, essendo coscienti delle pulsioni e dei desideri che vi premono. È questa soggettività che può essere autonoma, ed è questo rapporto che costituisce l’autonomia. Ciò deve informare anche il progetto politico. Il progetto politico mira alla creazione della società autonoma, ovvero di una società che ha con le sue istituzioni un altro rapporto rispetto al rapporto tradizionale, il rapporto di eteronomia. Ciò significa che pone le istituzioni sapendo che lo fa, e, quindi, che le può revocare e che lo spirito di queste istituzioni deve essere la creazione di individui autonomi”32. Ormai Casotiradis pensa che l’autogestione, al centro del contenuto del socialismo e della sua visione rivoluzionaria sino alla fine degli anni ‘60, è solo un momento parziale del più complessivo processo d’autoistituzione della società che trova nella politica, ossia nell’autoposizione del corpo politico, la forza e lo strumento per istituire lucidamente, con riflessione e deliberazione, la società in modo perpetuo33.

Il nuovo modo di istituirsi collettivamente, di arrivare ad un’identità collettiva, ha la stessa logica del modo del chiarimento e della scelta del proprio Sé. L’autonomia emancipa dall’eteronomia perché genera una coscienza pratica portata dal chiarimento di ciò che condiziona le nostre vite in modo occulto, ma decisivo, e dalla concreta possibilità di modificarlo per riprendere in mano la nostra capacità di creare il senso alla nostra storia individuale e collettiva. Insomma, l’effetto comune a psicanalisi e politica è quello di fare emergere la soggettività riflessiva e deliberante, per Castoriadis la vera soggettività, capace di superare l’inerzia di quanto segna il nostro presente e il nostro passato, per aprirci una reale possibilità di scegliere continuamente i progetti che segnano la nostra vita a livello individuale e collettivo. Tale soggettività, in grado di mettere in discussione le leggi della sua esistenza, è una forma ontologicamente nuova (un’altra forma del per sé)34.

Forma che trova sostanza nel processo di individuazione sociale proprio alla democrazia, opposto a quello che avviene con l’uniformazione eteronoma delle collettività tradizionali35. La democrazia dà a tutti la possibilità permanente di rimettere in causa le sue istituzioni, e, nel farlo, accetta il conflitto anche sul piano dell’istituzione stessa della società36. Insomma, la politica permette un’individuazione collettiva che ricorda l’individuazione junghiana37.

Ma Jung parla di un processo individuale in cui l’essere umano giunge all’unificazione della sua personalità dopo aver fatto nascere un Io cosciente sulla base di un inconscio indifferenziato, per averlo, però, poi anche limitato, in modo da fare sorgere lo spazio del Sé, e aver sintetizzato i dati consci e inconsci, e pensa, perciò, la terapia come una pratica che mette a confronto il conscio con l’inconscio, mentre Castoriadis, sul piano individuale, li mette a confronto non per sintetizzarli, ma per rispettare le reciproche peculiarità e giungere ad un’individuazione dove entrambi si pongano in costante dialogo (sono presenti ma non avviene una loro sintesi che dischiuda il Sé).

L’individuazione junghiana mira all’equilibrio armonico tra le due istanze tramite una loro fusione, mentre quella castoriadisiana è frutto di un equilibrio conflittuale, tanto a livello collettivo quanto a livello individuale, perché l’Istituito e l’Es rischiano continuamente di prevalere nella vita degli individui, che debbono per questo riscoprire la propria natura istituente e rafforzare la capacità di  filtrarla38. Entrambe le forme di individuazione, però, trattano la vita come una continua metamorfosi e la sua realizzazione come una catarsi di fronte alla paura della morte.

L’individuazione democratica altro non è che il passaggio dal politico alla politica a livello del regime sociale39.

Come sappiamo, per Castoriadis, solo la politica permette alla collettività di democratizzare il potere, con la libera eguaglianza e la coscienza del potenziamento del sociale-storico che porta all’autolimitazione sociale e alla responsabilità individuale. Ciò significa anche che la società sancisce esplicitamente che le norme sono sempre aperte e provvisorie, accetta attivamente la sua natura sociale-storica e non solo il suo essere comunità politica. Ossia, è solo grazie alla politica che la società si riconosce con il suo divenire soggetto. 

 1.2)            Gli scogli dell’individuazione collettiva

   Se quanto affermato sino ad ora è vero e corrisponde alla posizione di Castoriadis, allora sorgono diversi problemi di carattere pratico e sul piano dell’immaginario dell’autonomia.

Innanzitutto c’è da rilevare un’ambiguità nell’idea di progetto collettivo, alla base dell’impianto riflessivo sulla politica e sull’autonomia. Come dei cerchi concentrici che si chiudono, la praxis e l’attività umana trovano nel progetto un loro modo di essere, un loro elemento. Nella definizione che Castoriadis ne dà, già negli anni ’60, tale elemento si caratterizza come “un’intenzione di trasformazione del reale, guidata da una rappresentazione del senso di questa trasformazione, che prende in considerazione le condizioni reali animando un’attività”40. Perciò distingue il progetto rivoluzionario, che è la riorganizzazione della società attraverso l’azione autonoma degli uomini, dal progetto tout court. La politica (rivoluzionaria) è parte del progetto. Perciò, il progetto d’autonomia, in seguito delineato a livello sociale-storico, si distingue dal progetto tout court per il contenuto d’autonomia. Dunque il progetto non è un portato della prassi d’autonomia, bensì, più generalmente, espressione del fare umano. È una modalità del sociale-storico.

Ma, se è così, sorgono alcune questioni non secondarie: possiamo parlare di progetto, quindi, anche di fronte a società eteronome? Se fosse così, allora, come giustificare, nella definizione sopra riportata, il riferimento alla presa in considerazione delle condizioni reali della società, ovvero del suo essere sociale-storico? Non sarebbe questa capacità inequivocabilmente segno d’autonomia?

Come abbiamo già sostenuto, il sociale-storico viene accettato e potenziato solo dalla politica, ovvero da quella che Castoriadis considera la più importante pratica d’autonomia. È lecito chiedersi, ancora, cosa distingue realmente un progetto sociale dal progetto d’autonomia.

L’ipotesi che si può avanzare è che il primo si basi su una volontà collettiva che ancora non è passata per la riflessione e la deliberazione esplicita, necessaria, invece, alla lucida accettazione della trasformazione di sé, veicolata dal potenziamento del sociale-storico: l’autonomia non è solo il frutto di una determinata volontà, ma espressione di una coappartenenza tra quest’ultima e quel tipo di accettazione.

Ma, se questa distinzione ci permette di capire meglio in cosa consista il progetto d’autonomia, sorge subito un’altra domanda decisiva: in cosa consiste esattamente questa capacità?

Di sicuro essa non si può generare senza la costruzione di una rappresentazione di Sé, sia a livello individuale sia a livello collettivo. Lo stesso Castoriadis sostiene che l’individuo si fa necessariamente un’immagine della società che è vitale per entrambi (società ed individuo), e che,  proprio la politica, implica un riferimento alla società41. Ecco perché afferma, a ragione, che qualsiasi politica, anche la più riformista, non può che porsi il problema del tutto della società. Perché quando la politica, e l’individuo che vi partecipa, mira a istituire di nuovo la società ne deve avere una rappresentazione capace di cogliere la sua totalità. Considerazione filosofica recentemente espressa anche dal filosofo Vincent Descombes, amico di Castoriadis, impegnato nella creazione di una filosofia dell’azione che ha il compito di riformulare una filosofia dello spirito soprattutto a partire dall’eredità filosofica di Wittgeinstein. Tuttavia Descombes, che non traccia la distinzione tra politica e politico, affronta il problema da una prospettiva diversa: il politico è il momento in cui una società si prende come totalità. Per lui una società si da delle istituzioni politiche quando si assume come totalità42. In questo modo ci suggerisce che esiste un’azione specifica necessaria per cogliere la totalità, e che essa sia legata a doppio vincolo alla formazione politica.

Perciò è importante domandarci: in che momento l’individuo si crea una visione della società come totalità? È psichicamente necessaria come dice Castoriadis, o si dà con la pratica politica, come sembra suggerire Descombes? O, più radicalmente, è possibile sostenere che la formazione dell’immagine di sé avvenga nel momento stesso della pratica politica?

Se consideriamo quanto afferma Hannah Arendt, filosofa politica antitotalitaria con cui Castoriadis avvia un confronto indiretto nell’ambito della pensiero contemporaneo43, arriviamo ad una prima risposta affermativa che ci porta a dissentire con lui e ad evidenziare una mancanza importante all’interno della pratica di individuazione collettiva.

In effetti, parlando di della dimensione dell’azione e facendo riferimento direttamente alla politica originaria, ossia quella della polis, la Arendt la definisce come lo spazio dell’apparire, dove gli esseri umani rivelano chi sono attraverso il discorso e l’azione. Rifacendosi esplicitamente alla sua idea del potere, come il momento della pluralità creativa in cui gli altri sono necessari per l’affermazione di quanto è considerato reale, la filosofa tedesca parla esplicitamente della sfera pubblica come dello spazio del discorso e dell’azione. “Agendo e parlando gli uomini mostrano chi sono, rivelano attivamente l’unicità della loro identità personale, e fanno così la loro apparizione nel mondo umano (…). (…). Alla base dell’antica stima riservata alla politica è la convinzione che l’uomo in quanto uomo, ogni individuo nella sua irripetibile unicità, appare e conquista la sua identità nel discorso e nell’azione (…). (…). La convinzione che ciò che di più grande l’uomo può raggiungere è la propria apparenza e la propria attualizzazione non è affatto ovvia”44. Tale discorso è una delle posizioni filosofico-politiche principali della Arendt, che, infatti, aveva già abbozzato, in precedenza, la stessa idea, sviluppandola,però, in negativo: il totalitarismo mette in atto un processo di negazione dell’Io individuale, di mortificazione del Sé e di distruzione del vincolo comune. Ossia sancisce un processo di annientamento della politica, del potere che la nutre, e di distruzione dell’individualità45.

Grazie alla Arendt possiamo, quindi, chiederci perché mai Castoriadis non abbia considerato che l’individuazione politica non sia anche un luogo fondamentale per l’individuazione individuale, che non si può realizzare esclusivamente per via psicanalitica, ed abbia rigidamente separato la sfera individuale da quella collettiva46. In fondo l’individuazione del Sé può emergere anche con la pratica dell’individuazione collettiva, ossia con la politica.

A tale mancanza teorica dobbiamo aggiungere un’altra osservazione: la costruzione del Sé sociale, come quello individuale quando parte dall’immagine che ha di Sé, è frutto della prassi del confronto con l’altro e non solo con sé47. Non è questo che politica e psicanalisi dimostrano nei fatti e continuamente? Invece di pensare a pratiche in cui ci rimettiamo in discussione a partire da quello che abbiamo pensato, sentito, fatto, affermato di essere e volere, non potremmo pensare a tali pratiche come l’esercizio necessario alla costruzione del Sé (collettivo ed individuale) da parte di persone prive di immagine di Sé (collettiva e individuale)? Cosa ce lo impedirebbe? In fondo non è lo stesso Castoriadis che lo ammette quando sostiene che bisogna: “(…); assumersi anche come soggetto sociale e storico, in un progetto di trasformazione che anche qui potrebbe formularsi: dove Nessuno era, Noi dobbiamo divenire, e che qui sa anche che, come l’Es, non si tratta di eliminare o di dominare Nessuno –il campo sociale-storico- ma d’instaurare un altro rapporto della collettività con il suo destino”48?

Lo scoglio maggiore alla tesi dell’individuazione collettiva è, però, espressione dell’affermazione che la questione della giustizia e quella della politica siano un’unica questione49. Per il nostro filosofo, la giustizia non è l’affermazione di un regime determinato, ma l’instaurazione di un regime dove è sempre possibile orientarsi di nuovo sul bene e sul male, rivenire su quello che siamo, individualmente o collettivamente, riflettere sui nostri atti per riprenderli, correggerli e porvi rimedio, avere continuamente la possibilità di riorganizzare la società50. Ciò rappresenta il centro della democrazia, come società autonoma, a cui mira il progetto d’autonomia51.

Ma come fare a conciliare l’idea di una apertura illimitata della comunità politica con le condizioni sostanziali che sono necessarie allo stesso Castoriadis per delineare una politica d’autonomia?

Castoriadis, infatti, risponde in diverse occasioni alla domanda che considera alla base della società autonoma: come posso essere libero in una società dove la legge è determinata da qualcun’altro?

Dopo il contenuto del socialismo, Castoriadis delinea un vero e proprio contenuto della politica, riferendosi ad alcune leggi fondamentali e a principi, in grado di garantire la partecipazione al potere istituente che essa sancisce come norma centrale della società autonoma, e per specificare meglio in che senso si possa realizzare l’autoeducazione al potere alla base dell’autonomia collettiva: 1) nessuna esecuzione senza partecipazione egualitaria alla presa di decisione; 2) nessuna legge senza una partecipazione egualitaria alla posizione della legge; 3) in ogni assemblea ognuno deve parlare, nessuno deve monopolizzare il microfono, nessuno deve parlare dall’esterno in nome della collettività specifica riunita in assemblea, e ci deve essere una discussione che anticipa il formarsi della decisione52. Inoltre anche quando Castoriadis descrive lo spazio pubblico della democrazia non solo fa ricorso a istituzioni e a un ethos determinato, ma lo delinea come il regime dell’interrogazione, del controllo e della critica reciproci, il che significa che la giustizia come apertura illimitata dovrà reggersi su di un ehtos particolare, e su norme e istituzioni in cui difenderlo53. Come ci insegna proprio Castoriadis, l’istituzione stessa della società, portata o meno dalla politica, ha come principale effetto quello di formare o inibire l’organizzazione delle decisioni collettive e individuali54. Il che implica che in una società autonoma non tutto potrà essere concesso, alcune pratiche verranno fortemente limitate o inibite, mentre altre, come la partecipazione attiva ed egualitaria all’esercizio del potere, verrà garantita dall’organizzazione della società. Perché, come lui stesso dice in un seminario su Totalitarismo, dittatura e democrazia, per partecipare al potere bisogna che il potere sia partecipabile55. E per farlo è necessario porre delle limitazioni sociali alle diseguaglianze, ad un ethos autoritario e ad ogni forma di eteronomia esplicita, così da garantire questa possibilità concreta e per difendere la democrazia da una sua dissoluzione. In altre parole, anche in una società autonoma bisogna garantire una sua chiusura, in modo da non eliminare l’istituito, ma solo relativizzarlo.

Ma come conciliare queste due posizioni, la democrazia come apertura costante e la democrazia come regime? Se restiamo nella prospettiva di Castoriadis, ci troviamo di fronte ad un aporia: per ritrovare una coerenza tra questi due piani della società autonoma dovremmo affermare la necessità di una limitazione (politica) dell’illimitazione (giustizia). O, detto in altri termini, accettare che esista una individuazione collettiva, che, come tutte le identificazioni, si nutre dei limiti entro i quali si può cogliere (o meglio, si nutre di un limite solo, illimitato). La politica è questa stessa metanorma, solo che non vi si riduce.

2)    Autonomia-Eteronomia: l’apporto filosofico-politico della prassi psicanalitica.

  La carica rivoluzionaria, l’innovazione della prassi e della teoria psicanalitica sul piano della tensione tra approccio trascendentale e approccio empirico, saltano agli occhi di Castoriadis sin dagli anni ’6056. Essa si presenta ai suoi occhi come la via possibile per pensare la genesi del senso e della verità che il marxismo e Marx non erano stati in grado neanche di tematizzare. Come affermerà nei seminari, ad oggi inediti, egli ritiene che Freud e la psicanalisi costituiscano la punta più avanzata della conoscenza dell’essere umano dal punto di vista psichico, e i loro apporti una strada privilegiata per comprendere la società (dominio, lavoro, storicità, sublimazione, etc)57. Non solo essa è l’unico strumento in grado di affrontare la decisiva problematica filosofica della Psiche (come modo d’essere e condizione d’effettività per ogni domanda e risposta sull’essere umano), ma, pur essendo una parte della psicologia empirica, problematizza tutti gli aspetti dell’Anima umana, diventando così una disciplina filosofica capace di contribuire in modo determinante alla stessa filosofia su tre piani tra loro collegati: sul piano ontologico, antropologico e pratico. La psicanalisi distrugge, infatti, qualsiasi determinismo filosofico, sul piano della vita psichica, impone una riflessione sui caratteri centrali della vita psichica e sociale, e sulla loro relazione, e costituisce il modello formale per ogni praxis umana58.

Il suo carattere politico, riconosciuto a diverse riprese dal nostro filosofo, è legato all’apporto che questa prassi-teoria dà sul piano antropologico e pratico59.

Castoriadis rileva quattro linee principali della psicanalisi contemporanea (che chiama post-freudiane), quella dei rivoluzionari (Reich, la Scuola di Francoforte, etc) gli adattatori (la gran parte della tradizione anglosassone) reazionari (come, ad esempio, Chasseguet-Smirguel) e i nichilisti politici (come Lacan), ma, pur considerando la psicanalisi rivoluzionaria e discutendo soprattutto con la prima tendenza, non si colloca in nessuna delle quattro categorie, anche se ignora la terza e contesta principalmente la seconda e la quarta60. Queste ultime due tendenze, infatti, costituiscono ai suoi occhi gli estremi da evitare quando ci si colloca all’interno della psicanalisi: se si fa della psicanalisi uno strumento di adattamento, si riproducono gli effetti nefasti a cui si giunge con la teoria e la pratica lacaniana, priva di qualsiasi prospettiva d’autonomia61. Insomma, Castoriadis affronta la psicanalisi a partire dal contributo maggiore che detta disciplina ci lascia in eredità come problema generale: l’aver chiarito che l’essere umano non nasce come essere sociale, ma ci si converte in un secondo momento62.

2.1) Eredità e rinnovamento della psicanalisi freudiana

   La critica mossa a Lacan e ai lacaniani non si limita al fatto che, sposando tale impostazione analitica, la questione dell’alienazione e del suo superamento non è concepibile63, ma si estende sul piano teorico e pratico. Dal ’60 al ’66 lo stesso Castoriadis si fa analizzare da una psicanalista lacaniana e sino al ’68 segue diversi seminari di Lacan, e di alcuni suoi discepoli, per cui entra a conoscenza della prospettiva in questione64. A livello teorico, pur riconoscendo allo psicanalista francese il merito di aver obbligato la psicanalisi contemporanea a ripensare Freud e averle fatto fare alcuni passi avanti65, come quando rivendica una dimensione intersoggettiva che si prolunga in una realtà sociale e storica66, Castoriadis gli rimprovera, direttamente e principalmente, un’incoerenza profonda quando vuole designare a fondamento della psiche umana un simbolismo basato su di un significante slegato dalla sua linfa primaria, costituita dall’immaginario, ma anche di avere un’idea di rappresentazione ristretta, e, implicitamente, di aver fatto dell’inconscio un luogo determinabile e della psicanalisi una scienza67. A livello pratico il problema maggiore è costituito dalla pretesa maitrise silenziosa rivendicata in nome di un’illegittima visione della cura68. Anche per questo, nel ’69, Castoriadis è tra i fondatori de l’Organisation psychanalitique de langue française o Quatrième groupe, con gli psicanalisti, Perrier, Valabrega e Aulagnier. Con quest’ultima, che diviene sua moglie, egli condivide la centralità del problema della psicosi e dell’autismo per la psicanalisi, e l’idea che esista un narcisismo primario, ben più importante di quanto non fosse stato intuito da Freud, e un processo originario dove collocare l’attività rappresentativa, su cui la Aulagnier costruisce le idee di contratto narcisistico e di discorso dell’insieme che Castoriadis condivide e declina a suo modo69. L’ipotesi del pittogramma, la centralità dell’Io, e la rilevanza degli psicotici per la comprensione della psiche umana, sono tre prospettive dell’Aulagnier profondamente condivise da Castoriadis70. Ma il nostro filosofo riserva un altro destino alla psicanalisi, perché la sua ambizione non si limita alla nascita di una nuova scuola: egli vuole ripensare la stessa psicanalisi a partire da una rielaborazione critica dell’eredità pratico-teorica del suo “padre” indiscutibile, Freud71.

Un obiettivo ambizioso che viene pensato, inizialmente, come un chiarimento in altra chiave delle stesse tesi freudiane, e, successivamente e a diverse riprese, come un rinnovamento, un approfondimento o un avanzamento delle teoria freudiana72.

Riconoscere la grandezza di Freud, che per Castoriadis è stata quella di averci permesso di guardare altrimenti l’essere umano, non implica misconoscerne i limiti, né evitare di assumere attivamente il compito di cambiare la prospettiva psicanalitica. Contro le letture psicanalitiche di Marcuse e Reich, che, a torto e in modo riduttivo, vengono interpretate come prospettive in cui la liberazione del desiderio porterebbe alla felicità73, il nostro filosofo sostiene che il padre della psicanalisi ci abbia consegnato alcune verità indiscutibili come il fatto che la socializzazione è sostenuta sempre da un minimo di rimozione pulsionale74. Freud ha anche il doppio merito di aver colto la centralità dell’immaginazione radicale per la Psiche e averci consegnato, con le sue idee, una possibilità reale per cogliere il Sociale-storico (ovvero l’essere umano come tale), che sono le due principali tesi antropologiche riprese da Castoriadis75. La delucidazione psicanalitica, infatti, non consente solo di capire il processo di formazione dell’individuo umano ma apre ad una nuova comprensione dell’autonomia umana che superi l’eredità kantiana (in cui viene presa come idea regolatrice o, a limite, come un postulato della ragione pratica). Freud ci ha consegnato, inoltre, le coordinate grazie a cui pensare la relazione tra psiche e società: la distinzione tra senso manifesto e senso latente del sogno, l’ancoraggio biologico della riflessione sulla Psiche, l’affermazione che la realtà per la Psiche sia la società76. Il lavoro di Freud è considerato, infine, parte integrante e rilevante del progetto d’autonomia, e lui stesso come un critico importante della società esistente, ovvero un democratico egualitario77.

La sua grandezza si scontra, però, con ambiguità, limiti, mancanze e problemi a cui Castoriadis vuole rimediare. Innanzitutto, come accennato, tirando le conseguenze dirette di alcune tesi freudiane, riconoscendo, come accennato, all’immaginazione radicale e all’istituzione sociale-storica la centralità che meritano e liberandole dall’occultamento che Freud ha riservato loro, dopo averle scoperte78. Occultamento alla base della grande e paradossale doppia aporia freudiana: l’impossibile spiegazione della singolarità della Psiche e dell’Istituzione della società79. Il corrispettivo di tale aporia sul piano sociale è il mancato riconoscimento del sociale-storico e dell’importanza e dell’autonomia dell’istituzione nei confronti della Psiche. Castoriadis ritiene che, per Freud, l’istituzione sia il prodotto delle pulsioni psichiche oppure venga considerata come  un mero dato: il linguaggio e l’istituzione come tali non rientrano nella sua riflessione critica80. Inoltre l’edonismo freudiano, ovvero il primato del piacere d’organo sul piacere rappresentativo, impedisce di comprendere ciò che costituisce il nucleo più intimo della Psiche, secondo Castoriadis, e impone a Freud una spiegazione del fenomeno del sogno, come appagamento del desiderio, che va considerata parziale81. In questo senso Castoriadis effettua, in effetti, una radicalizzazione del pensiero freudiano, allargando, per esempio, il concetto di sublimazione a tutta la relazione che la Psiche intrattiene con il Sociale-storico.

Ma ciò che lui considera un rinnovamento della posizione freudiana è, in realtà, una critica radicale che ne cambia profondamente la prospettiva, pur conservandone alcuni pilastri centrali e delle intuizioni imprescindibili.

Al di là di alcune obiezioni generali di matrice filosofico politica82, alcune critiche decisive e puntuali sono legate, infatti, a interpretazioni che derivano dal nucleo centrale della critica a Freud (o dell’innovazione castoriadisiana): il complesso edipico, il ruolo della ragione e l’importanza del presente per il paziente nel contesto della cura e per la ricostruzione dei sintomi. Pur essendo idee a se stanti, lasciano intravedere una diretta dipendenza dalle nuove interpretazioni dell’inconscio, del conscio, e della natura profonda della Psiche, che Castoriadis sviluppa nel corso degli anni pur essendo già presenti nell’IIS83.

Insomma, a partire dalla radicalizzazione appena ricordata, Castoriadis sostiene due tesi che mettono in discussione quanto Freud ha sostenuto sull’inconscio, sul conscio e sulla pulsione di morte, ovvero su tre dei nodi riflessivi decisivi per l’impianto concettuale dell’ultimo Freud.

In primo luogo rimprovera il padre della psicanalisi di aver elaborato una nozione ristretta del conscio e dell’inconscio: Castoriadis amplia la sfera del non-cosciente umano, di cui l’inconscio freudiano (prima e seconda topica) costituisce una parte limitata alle sole pulsioni (soprattutto sessuali), e considera il conscio come molto problematico e oscuro, e non limitato alle funzioni dell’Io che Freud riconosceva a questa istanza nella prima e nella seconda topica84. Anzi, il conscio è considerato un vero e proprio enigma, perché gli esseri umani sono coscienti ma irrazionali85. Conscio e Inconscio freudiani sono caratterizzati per una primazia della razionalità. Non a caso, Castoriadis definisce “hegeliano” questa teorizzazione dell’inconscio, perché esso realizza e sa tutto quello che vuole, e sottolinea come “l’Io” per Freud si definisca dal ragionamento e dal calcolo, come un’istanza di compromesso tra realtà e pulsioni che non contempla la riflessione e la riflessività vera e propria86.  Da ciò ne consegue anche che il rapporto tra l’Io e l’Es, di cui Freud parla in riferimento alla finalità della cura, deve essere rivisto: per il nostro filosofo psicanalista bisogna che l’Es possa divenire visibile ed esprimersi chiaramente nell’individuo per fare in modo che l’Io riconosca il proprio immaginario e desiderio, mentre l’Io, a sua volta, non deve tentare di dominare l’immaginario, cosa ritenuta impossibile, ma criticarlo grazie a una riflessione e una scelta su ciò che si ritiene possa passare per l’espressione, l’assunzione, e la rivendicazione attraverso l’azione87.

In secondo luogo, Castoriadis ritiene che il soggetto umano diurno mostri chiaramente un egocentrismo irriducibile, un solipsismo che nasconde qualcosa di ben più profondo, e che si può desumere anche dall’anoressia mentale dei neonati88. Nel seminario che tiene all’Ehess il 7 Dicembre del ‘94, tutto dedicato alla questione del desiderio inconscio, il greco-francese rimprovera Freud di non aver compreso che esiste una rappresentazione della distruttività umana radicata nella tendenza irresistibile della Psiche alla ripetizione, che, per il greco francese, è il cuore di quella che il padre della psicanalisi chiama pulsione di morte89. Castoriadis distingue tra un narcisismo positivo e un narcisismo negativo, radicato nel profondo della Psiche, contestando che ciò che siamo sia dovuto principalmente al Super-io freudiano o all’ideale dell’Io lacaniano90. Tra l’altro, secondo il greco-francese, Freud non può capire davvero il masochismo (perché non rende conto del piacere nel dispiacere) né cogliere la vera polarità primaria, tra piacere-soddisfazione e angoscia e non tra piacere e dispiacere91, perché, in fondo, non ha postulato quanto è alla radice della Psiche, che è la dimensione da cui proverrebbe anche l’istinto di morte: l’idea di monade psichica, pilastro dell’impianto critico e riflessivo meta psicologico (considerata come la sua tesi fondamentale in ambito psicanalitico)92.

La monade è, contemporaneamente, un postulato logico-filosofico, uno schema immaginario in grado di farci pensare, e un’ipotesi con basi empiriche. Essa esprime il nostro egoismo ontologico, un egocentrismo antropologico, non sradicabile, che è una follia originaria in cui l’essere singolo si prende come scena totale in cui si fonda e si esprime con chiarezza l’onnipotenza psichica e il dominio del piacere di rappresentazione che fa dell’essere umano una specie inadatta alla vita a causa di questo apparato psichico non funzionale93. Insomma, il nucleo dell’inconscio è radicalmente a-sociale, e, perciò, se si afferma completamente nell’individuo lo porta inevitabilmente alla morte94“E questa denominazione tenta di rendere conto della sua caratteristica essenziale, ovvero: niente esiste per il soggetto al di fuori di lui. Che si vive come fonte di piacere e capace di realizzare questo piacere. Come soddisfazione immediata di ogni desiderio che potrebbe presentarsi. Freud stesso postula che c’è un primo momento dove il neonato “è il seno”, e evidentemente non per l’osservatore, la nutrice, la madre o il fratellino, ma per lui stesso”95. L’idea di narcisismo freudiana spinge Castoriadis a pensare questa monade come la radice dell’egocentrismo assoluto della Psiche, e a superare la rappresentazione di una presunta pulsione di morte tramite questa figura originaria (grazie alla quale spiega anche gli effetti attribuiti a questo tipo di pulsione): la pulsione di morte è l’unione tra la tendenza alla ripetizione della Psiche, l’odio di sé che si muove verso l’individuo (come costruzione sociale), entrambi effetti del radicamento della monade nella psiche, e il momento in cui la monade cerca di ristabilire il suo status iniziale (da cui seguono un’aggressività gratuita, la tendenza all’autodistruzione e il masochismo primario)96. Perciò la pulsione di morte, come tale, non è sostenibile a livello teorico97. Insomma, l’immaginazione radicale e il piacere rappresentativo sono radicalmente “egocentrici” e “auto-centrati”98. Ecco perché la monade è ribelle alla società, alla logica, al linguaggio e alla realtà, e perché Castoriadis sostituisce la convinzione freudiana della paura della castrazione alla base dell’angoscia, con l’idea di un’angoscia dovuta alla paura della morte (definitiva e parziale)99.

Su questa peculiare impostazione critica, in cui contemporaneamente si accoglie profondamente e si contesta radicalmente Freud, si sanciscono i presupposti psicanalitici di Castoriadis: la transtoricità dell’inconscio, la causalità simbolica sui generis, l’inseparabilità della Psiche dal Sociale-storico, la riflessività che è altro dall’autoriferimento, i presupposti meta psicologici di riflessività e attività deliberata, la socializzazione costitutiva dell’essere umano, l’insuperabile ostilità del mondo psichico a questo processo, la psicanalisi come disciplina sociale, diversa dalla scienza, anche se interroga le nostre certezze  (come pensiero e attività), la triplice distinzione di base che l’attraversa (fantasma/realtà, rappresentazione del dispiacere-piacere/realtà, psiche come immaginazione radicale/mondo sociale-storico), il primato assoluto del punto di vista del paziente nella cura, la codeterminazione di ogni fenomeno psichico attraverso il senso inconscio, la convinzione che nessun essere umano è naturalmente buono e che il processo di socializzazione si realizza nel processo di significazione100.

Lo stesso Castoriadis enumera sette idee fondamentali attorno alle quali si sviluppano sia la pratica e sia la teoria psicanalitica: 1) il dominio psichico è quello del senso; 2) la psiche è divisa in due: un livello cosciente e uno non cosciente; 3) a livello inconscio domina incontrastata “l’onnipotenza del pensiero”; 4) la sessualità è dominata dall’immaginazione e quella infantile è centrale; 5) il principio di piacere è centrale per entrambi i livelli psichici; 6) proiezione e introiezione sono i canali attraverso cui la psiche si relaziona al “mondo esterno”; 7) l’individuo è quasi esclusivamente un prodotto della società101. La psicanalisi ha dei limiti pratici e teorici, ma non per questo non può giocare un ruolo centrale nel progetto d’autonomia, contribuendo a non eliminare il rischio e la responsabilità del nostro pensare e fare e creando una norma pratico-teorica per valutare le istituzioni presenti (quella del rispetto della soggettività riflessiva e deliberante)102.

2.2) L’autonomia individuale: portato terapeutico e politico della psicanalisi

   Sul piano pratico, la psicanalisi è considerata come la politica e la pedagogia, ossia una disciplina che genera autonomia. Il suo oggetto è proprio l’autonomia umana e la sua modalità di trattarlo è legata alla possibilità di realizzarla attraverso un mezzo coerente con il suo fine. Ma essa è anche, allo stesso tempo, un fare poietico, in cui avviene un’autoalterazione reciproca dell’analizzato e dell’analizzante, dove nel primo, agente principale del processo, nasce un nuovo modo di essere103. Analista e analizzato forgiano con la pratica la modalità della cura grazie ad un processo di comprensione e trasformazione in cui liberare l’immaginazione radicale e sottoporla a riflessione e deliberazione, come avviene con la pedagogia104.

Tra i diversi obiettivi che Freud considerava al centro della psicanalisi, Castoriadis sottolinea, giustamente, come il principale fosse quello di far recuperare all’individuo la capacità di amare e di lavorare. Ma aggiunge, ancora una volta, che, anche su questo, Freud si sbaglia105.

La finalità dell’analisi è considerata qualcosa a cui si può arrivare per continua delucidazione del percorso, e non è definibile in anticipo, né è il raggiungimento di qualcosa da raggiungere una volta per tutte106. Per il greco-francese, in generale, comunque, nel migliore dei casi, essa è la trasformazione dell’individuo in un soggetto autonomo, che ha una relazione diversa con i propri desideri (conoscerli e filtrarli, per decidere quali accettare e portare a realizzazione e quali no)107, e, nel peggiore dei casi, è un aiuto che viene dato al paziente per elaborare la propria nevrosi e farne un malessere accettabile108. Come è stato ricordato, per il nostro psicanalista il fine dell’analisi non può essere adattativo, ma è quello di consentire all’individuo di sviluppare la capacità di distinguere tra ciò che corrisponde alla realtà e ciò che è frutto dei nostri fantasmi109. Non lo porta alla felicità, ma, facendo finire o limitando la sua nevrosi, gli consente, o non gli impedisce, di formare il suo progetto di vita110. La cura rende visibili le pulsioni libidinali, distruttrici e autodistruttive, grazie al doppio movimento di liberazione dell’immaginazione radicale e della scelta cosciente di limitarla imponendosi una norma di condotta. Perciò la fine della cura non passa solo per la risoluzione del transfert con l’analista111. Ecco perché Castoriadis può affermare che la pratica medica psicanalitica è relativa, ed essa è anche una pratica d’emancipazione indiscutibile: per lui una cura è efficace quando l’individuo è in grado di vivere il proprio presente come contingente e ridiventa origine dei possibili, origine parziale della sua storia, vedendo il proprio presente dal punto di vista in cui questo presente si stava formando nel passato112. Il fallimento dell’analisi, non a caso, si evidenzia quando il soggetto non riesce ad emergere perché l’individuo non riesce ad accettare la propria mortalità (le sue morti parziali), facendo della ripetizione la cifra di un’analisi divenuta ormai interminabile113.

L’obiettivo dell’analisi, in altre parole, è la trasformazione dell’Io in un’istanza che può fare dell’individuo una soggettività riflessiva in grado di deliberazione e volontà: la cura corrisponde essenzialmente nel rafforzamento della capacità di comprensione e di riflessione del paziente114. Decisivo, in questa trasformazione, è l’affermarsi di un altro rapporto tra l’Io e l’Es, o tra spontaneità del flusso rappresentativo e la coppia volontà-riflessione: l’Es deve essere lasciato libero dalle rimozioni che gli vengono imposte per dare spazio all’Io di potervi intervenire come istanza critica115. L’Io che ha in mente Castoriadis non è né quello che emerge dalla tradizione filosofica (come quello di Fichte), né quello che viene considerato norma sociale dell’individuo, nonostante vada pensato come una fabbricazione sociale, un dispositivo funzionale al mantenimento della società116. È, invece, un Io dell’autonomia, un’istanza attiva e lucida che elabora il discorso dell’altro e vi ci si confronta, perché, con cognizione di causa, può dire cosa desidera e cosa pensa, accedendo alle motivazioni e alle pulsioni nascoste e rimosse, grazie alla liberazione dell’immaginazione radicale e allo sviluppo della riflessività117. Né macchina pseudo razionale né socialmente adattata, l’Ego diventa il luogo dell’emergere del senso e della soggettività in senso forte (chiamata per sintetizzare soggettività riflessiva e deliberante)118.

In questo consiste il capovolgimento copernicano che Castoriadis considera essere il principale portato della psicanalisi: una pratica in cui i soggetti vengono trattati come soggetti agenti, perché si insegna al paziente a rivenire su di sé come attività di auto-trasformazione che accoglie un senso frutto di riflessione, o riflette su un senso che gli viene proposto, per farne qualcosa di proprio o meno119. In questo consiste, ancora, la ragione per cui il nostro psicanalista filosofo considera la psicanalisi interna al progetto d’autonomia120.

Tutto ciò spiega perché egli attribuisce un’ineliminabile dimensione politica a questa pratica: appartiene al mondo della doxa e non dell’episteme, ci permette continuamente di chiarire che tipo di investimento psichico stiamo attribuendo ad alcune attività fondamentali (quali, per esempio, il pensiero, la collettività, l’alterità, etc) e, pur non avendo un ruolo politico diretto, è una continua fonte di lucidità per la comprensione del sociale divenendo così fonte d’ispirazione per la politica. Ma ciò che è decisivo in questo senso, è che ne condivide l’oggetto, l’autonomia umana121. Ecco il motivo che spinge Castoriadis ad affermare che non è contraddittorio pensare che il progetto d’autonomia sia consustanziale allo spirito della psicanalisi, e che le fa da complemento una politica dell’autonomia122. Se agli occhi di Castoriadis la psicanalisi è il modello formale per ogni praxis umana è precisamente per il suo doppio livello, terapeutico e politico123.

La realizzazione dell’autonomia individuale è ciò che caratterizza tale pratica, che è anche l’unica che può contribuire a capire perché gli esseri umani accettino l’eteronomia, di vivere in modo mostruoso, ma anche comprendere in che modo poter stabilire i limiti entro i quali è possibile una trasformazione o meno dell’essere umano come tale124.

Il problema maggiore che la psicanalisi indica al progetto d’autonomia umana, ossia la maggiore fonte d’eteronomia con la quale bisogna fare i conti, si trova proprio nella psiche, ed è, come abbiamo già accennato, l’odio di sé (o masochismo originario) generato dalla monade che porta al razzismo, all’odio dell’altro e alla guerra, e che riscontriamo anche nell’individuo adulto125. Sin dagli anni ’60, Castoriadis è convinto che l’alienazione umana sia il prodotto di un’articolazione complessa tra il rifiuto della realtà, il desiderio smisurato e gli inganni della fantasmatizzazione,  solo più tardi arriva alla certezza che tutto ciò si radica nel desiderio inconscio, un mostro antisociale che deve socializzarsi126. Secondo lui la psicanalisi ci rivela che l’odio psichico deriva dalla tendenza della psiche di rifiutare ciò che non è essa stessa, e non solo da quella che  Castoriadis chiama la quasi necessità della chiusura dell’istituzione sociale. Inoltre, come già detto, ci permette di dare una definizione di individuo eteronomo, necessaria per orientarci nel progetto d’autonomia: il primo aspetto dell’eteronomia, infatti, si trova nelle pulsioni inconsce, e possiamo dire eteronomo l’individuo dominato dall’inconscio senza sapere che lo è, e senza poter introdurre una distanza con questo dominio127.

Anche le principali capacità pratiche dalla valenza politica, che la psicanalisi aiuta in maniera decisiva a far nascere, si possono desumere facilmente dalle affermazioni che, nel tempo, Castoriadis ci consegna. Sono due gli argomenti principali che possiamo ricavare.

Prima di tutto il fatto che la psicanalisi educa all’accettazione della nostra mortalità, qualità civica indispensabile per la pratica politica e per la democrazia nel suo insieme: l’uomo deve vivere nella consapevolezza che è un essere di senso, che vive e muore per il significato che dà alla vita che vive. Perciò, per arrivare a maturità, dovrà rinunciare a qualsiasi fonte di onnipotenza del significato, accettare l’ambiguità e la precarietà del senso che diamo al mondo, cioè che le parole non significano esattamente ciò che l’individuo vuole che significhino, e riconoscere altresì l’esistenza di altre persone, i cui desideri sono opposti ai suoi. Per dirla sinteticamente con Castoriadis: l’adulto è colui che riesce a vivere sul bordo dell’abisso, davanti alla sospensione continua del significato e alla sua ultima insensatezza; a vivere con la consapevolezza della mortalità del senso continuando a investire in esso come se fosse immortale128.

In secondo luogo, questa prassi stimola la nascita di un soggetto che interiorizza l’abitudine a non avere abitudini, attitudine necessaria per evitare di totemizzare le istituzioni in cui si vive, grazie alla consapevolezza pratica, assunta durante la cura, che il significato può essere trovato e creato solo nel e attraverso la nostra stessa libera e lucida attività. Da ciò ne consegue anche che la psicanalisi ci ricorda costantemente che siamo dipendenti da qualcosa, l’immaginario, che non è visibile né pienamente sotto il nostro controllo, e da un aspetto negativo ineliminabile, come il nostro ricorda a Searle in un dibattito degli anni ’90129.

Anche per questo la psicanalisi è un contributo necessario sul piano della comprensione dell’eteronomia e dello sviluppo dell’autonomia, cioè dell’elaborazione della dialettica eteronomia-autonomia sul piano sociale ed individuale.

Entrambi gli argomenti danno la cifra del portato politico di questa prassi, permettendo di capire come le principali innovazioni sul piano teorico e pratico operate da Castoriadis nei confronti di Freud abbiano un immediato risvolto politico.

La bontà delle osservazioni appena riportate, non evita, però, a Castoriadis, di scontrarsi con alcuni problemi filosofici che le sue due principali critiche al padre della psicanalisi non riescono ad evitare.

2.2) L’anello che non tiene: il rapporto Psiche-Società

  Al centro della ricerca e della terapia castoriadisiana non c’è la verità (come in Lacan o Bion) o la felicità (come in Winnicot), ma l’emancipazione dall’alienazione/eteronomia, che nutre e si nutre del mutamento antropologico della società capitalista, e che fa della cura una pratica rivoluzionaria. Per capire il percorso che ha portato Castoriadis al progetto ambizioso che abbiamo appena sintetizzato, bisognerebbe cogliere il ruolo che la Scuola di Francoforte aveva assegnato alla psicanalisi per il rinnovamento della prospettiva marxista, in generale, e in particolare come incide nella formulazione della relazione tra ontologia e critica della società. Così come, probabilmente, il retroterra migliore da cui ricavare l’orizzonte d’emancipazione che egli affida alla psicanalisi si dovrebbe rintracciare nelle elaborazioni di Binswanger e Bettlheim (che affermano la centralità di tale disciplina per comprendere la relazione tra autonomia ed eteronomia), o nel portato morale e pratico dell’analisi kleiniana130.

Il ritorno critico a Freud, in particolare alle tesi della sua maturità, è, però, soprattutto il frutto della conoscenza e del confronto con le tesi del primo Lacan. Alcune delle quali profondamente rigettate, come abbiamo ricordato131, altre accolte e rielaborate in modo originale. Come avviene nel caso delle idee sulla centralità di una negatività originaria e del narcisismo per la vita psichica, della psicanalisi come prassi in cui si raggiunge una consapevolezza del proprio desiderio e del desiderio come frutto di una mancanza132. Anche l’idea di significante, centrale nel sistema lacaniano, potrebbe aver influenzato non di poco l’elaborazione della tesi castoriadisiana sull’Istituzione immaginaria radicata in un nucleo di significazioni, e nelle istituzioni che l’incarnano, che ricorda la teoria fisica di Mach133.

Castoriadis si oppone chiaramente a due importanti tesi lacaniane, che sono un correlato dell’affermazione ontologica dell’alienazione originaria e insuperabile dell’essere umano: il portato eteronomo del simbolico, e dell’alienazione costituente l’immaginario, e il dominio del significante sul cogito134.

Anche accettando queste due critiche, però, bisogna sottolineare come Castoriadis non colga un aspetto della teoria lacaniana davvero rilevante per l’antropologia filosofica, che gli avrebbe dovuto suggerire una maggiore cautela teorica.

Per Lacan, il soggetto non si costituisce semplicemente attraverso gli effetti del significante, ma comincia con una estraniazione di sé, perché tale significante sorge nel campo dell’Altro, dove si struttura il percorso del desiderio. Il desiderio ha uno schema relativo al processo d’identificazione con l’altro che è legato all’Altro, e solo in questo modo il soggetto si struttura come intersoggettività. Entrambi gli aspetti del soggetto, il campo dove si struttura il significante e l’intersoggettività, giocano un ruolo determinante per la vita psichica135.

In altre parole, il carattere vagabondo del desiderio e il fatto che esso dipenda dal campo dell’altro sono due facce della stessa medaglia, perché la soddisfazione del desiderio è mediata dal desiderio e dal lavoro dell’altro (gli altri), e non solo dall’Altro (il significante). Il che non vuol dire soltanto che la realtà è sottoposta sin dall’inizio al desiderio, ed è per questo allucinata, ma anche che la relazione narcisistica è strettamente strutturata al rapporto con l’altro (da cui sorge anche l’Io), ossia che l’intersoggettività è ineliminabile per il soggetto136.

Proprio l’intersoggettività, e la dipendenza profonda nei confronti degli altri, sono aspetti su cui Castoriadis non si sofferma nelle sue critiche a Lacan, e che, di fatto, rifiuta con la tesi sulla monade psichica.

In questo modo misconosce un aspetto della Piche determinante dal punto di vista della comprensione dell’emancipazione umana, che, invece, coglie la Aulagnier, che libera tale dipendenza dalle conseguenze mortifere che emergono dall’impostazione lacaniana. Il fatto che ciò avvenga, nonostante Castoriadis conoscesse e condividesse profondamente una buona parte della proposta teorica della psicanalista francese, può sorprendere, ma, in fondo, è il risultato coerente del suo tentativo di rinnovamento del paradigma freudiano.

Per l’Aulagnier la Psiche è, sin da subito, posta in uno spazio ad essa eterogeneo, ovvero il nostro incontro originario con altro, nella nascita e poi anche durante l’incontro con il seno della madre, che è veicolato dal corpo del bambino e da quello a lui esterno. Il mondo che la Psiche del neonato incontra venendo alla luce, è lo spazio corporeo e psichico di coloro che lo circondano, come la madre137. La Psiche, di cui questa psicanalista riconosce un livello originario (che Freud non aveva tracciato), e che corrisponde al suo principale contributo al rinnovamento della psicanalisi, è costantemente alla ricerca di una rappresentazione pittografica, radicata sul livello originario. Ma, nonostante la rappresentazione giochi un ruolo centrale, l’originario non si potrebbe costituire senza un provato corporeo e un modello sensoriale a cui fare riferimento (il corpo come organo sensoriale e come oggetto esteriore). Ciò si dà, anche se la psiche, nella rappresentazione pittografica prodotta dall’incontro tra la madre e il bambino, ignora la dualità in cui questa rappresentazione consiste (Psiche-Corpo). In sostanza la prima condizione della rappresentabilità dell’incontro ci rinvia all’attività sensoriale stimolata dal corpo. Sebbene la Psiche scopra che l’investimento dell’attività corporea è in suo potere, attraverso la metabolizzazione che mette in atto, lo schema relazionale psiche-mondo è sempre all’opera e, sebbene l’attività dell’originario metabolizzi le esperienze sensoriali, fonti d’affetto, in un pittogramma, non può fare a meno del funzionamento sensoriale. Ciò significa che, a quel livello, la metabolizzazione si appoggia sull’esperienza corporea. Inoltre, per l’Aulagnier, nella relazione tra la madre e il bambino, ciò che risulta decisivo per la crescita del bambino, non è solo il piacere e la necessità del seno da parte del bambino, ma anche il desiderio e l’affetto che la madre riserva al neonato138.

Su questa base teorica si sviluppano le tesi del contratto narcisistico e del discorso dell’insieme che Castoriadis dice, a ragione, di condividere a suo modo con la Aulagnier. Ma, al contrario di quello che egli rivendica per la propria posizione teorica, l’impianto teorico dell’Aulagnier si basa ancora sul dualismo freudiano che vuole che le due più importanti pulsioni siano quelle di Eros e Thanatos. Perciò nella relazione Psiche-Corpo che lei delinea, pur riconoscendo un primato alla rappresentazione pittografica, è anche attraverso la relazione corporea che si libera un investimento libidico non auto centrato. In questo modo siamo anche in grado di capire in che modo avvengano le rotture tra uno stato originario e gli stati successivi della psiche del bambino, al contrario di quanto fa Castoriadis quando parla di rottura a partire da un’imposizione da parte della società senza rendere conto di come il senso possa essere assunto dalla monade, dato che il senso originario della monade è, per sua stessa ammissione, uno pseudo senso, in quanto la Psiche non s’è formata ancora veramente.

Il postulato psicanalitico di Castoriadis ha, quindi, un duplice problema: non ci spiega come avviene la rottura della monade da parte della società, e non dà conto della rilevanza del legame corporeo che si instaura sin da subito con la madre, e di conseguenza dell’investimento positivo che le è necessario. Ben lungi dall’essere solo un’imposizione di senso esterno, tale investimento è anche amore ricevuto e piacere provato (il dare vita della madre). Anche chi ha cercato di sviluppare una riflessione meta psicologica coerente e a partire dallo stretto rapporto tra Psiche e Corpo in Castoriadis, come Alice Pechriggl, che ha ben chiaro quale sia l’apporto dell’Aulagnier per il nostro psicanalista, non è riuscito realmente a rendere conto di questa mancanza determinante nell’elaborazione del nostro autore139.

Inoltre, l’affermazione del primato del piacere rappresentativo sul piacere d’organo, altro cavallo di battaglia decisivo nella disputa con Freud, trova il suo postulato di partenza nella monade, ma non ci permette, da solo, di rendere conto di come avvenga la prima rottura con il mondo esterno, l’imposizione da parte della società del senso alla monade di cui ci parla Castoriadis.

Se la Aulagnier riconosce al corpo la funzione di ponte tra Psiche e Società, la stessa funzione che assume la parola in un secondo e decisivo momento, e, pur sottolineando che la madre opera una “violenza” necessaria sulla psiche del bambino per plasmarla e farle assumere il senso e la sua funzione, continua a parlare di un investimento libidico, da parte del bambino, per qualcosa che gli è esterno, cosa di cui Castoriadis misconosce il ruolo e la portata, giungendo, così, ad accennare al passaggio tra lo stato monadico e quello successivo per mezzo di un’imposizione enigmatica del senso da parte della madre. In altre parole, per la psicanalista francese la psiche originaria è, come voleva Lacan, sin da subito orientata verso ciò che è esterno da sé. Solo che, a differenza di Lacan, ciò non determina un’estraniazione, perché questo movimento è solo parziale, e, a differenza di Castoriadis, ciò che la Psiche subisce da parte della società non è una vera imposizione, perché il bambino “partecipa” al passaggio attraverso un investimento libidico veicolato dal piacere e dal bisogno corporeo. La Psiche rimane sovrana sul corpo, ma il corpo la porta ad un investimento positivo al di fuori di sé. Tale investimento è la traduzione della pulsione erotica, o dell’Eros, di cui ci parla anche Freud quando accenna ad una limitazione narcisistica dovuta al legame libidico che si instaura con gli altri, oltre il proprio interesse egoistico140. Da cui consegue anche la sua idea dell’Amore, che influenza le sue tesi sulla Civiltà141.

Ecco perché, grazie alla Aulagnier, possiamo affermare che la tesi-ipotesi della monade psichica, determinante per l’antropologia castoriadisiana, può conservare una propria valenza solo se limitata ad uno stadio intrauterino, e quanto meno corretta con il riconoscimento di una originaria libido psichica, positiva, orientata verso l’esterno da sé.

Ciò ci porta a relativizzare alcune affermazioni del filosofo greco-francese, come quelle relative alla chiusura di tipo monadico e alla radicale negatività della Psiche rispetto alla realtà sociale-storica, e ci impone di aprire nuove questioni e campi di riflessione.

Ciò che risulta determinante in questa sede, è che tutto ciò riapre la certezza con cui Castoriadis afferma una estraneità della Psiche dalle disposizioni di socializzazione142. Affermare che la Psiche è sin da subito protesa verso un investimento libidico esterno al proprio egocentrismo assoluto, e che ciò non è dovuto alla ricerca di senso ma all’investimento veicolato dal corpo, non significa negare la monade, come pensa Castoriadis, ma relativizzarla143. Significa considerare che la sostituzione del “senso” originario e utlranarcisistico con un senso socialmente investito passa per un investimento positivo ad altro da sé, anch’esso originario nell’incontro che la Psiche fa con il mondo, e perciò va considerato parte della Psiche come tale (che non si può cogliere solo nel suo aspetto intrauterino).

Ma i problemi filosofici sul piano psicanalitico non si riducono a questo.

Stando a quanto afferma Castoriadis sull’aspetto distruttivo legato alla Monade, infatti, è difficile considerare quale ruolo occupi il narcisismo positivo, di cui lui riconosce l’esistenza. Solo se consideriamo il ruolo centrale che lui attribuisce alla sublimazione siamo in grado di intuirlo. Ma, pur ammettendo l’intuizione, come si può spiegare il passaggio che avviene nella prassi d’autonomia, quando, da una vita incentrata sul dominio inconsapevole del mostro egocentrico della monade si arriva a quello del rispetto della libertà e dell’alterità di tutti? O, per prendere la questione dall’altro estremo, come pensare ad un Io emancipato all’interno di una realtà sociale eteronoma? Su quali basi affettive potrà mai reggersi, se non facciamo riferimento ad una capacità di investimento dell’alterità sociale che affonda le sue radici nella Psiche stessa? Nel caso in cui considerassimo ciò impossibile, allora tale forza non potrebbe che risiedere nella società. Se fosse così, come sembra dirci Castoriadis, allora, perché non riconoscere che la Psiche non ha solo bisogno di senso, ma anche bisogno di certezza e di normatività generale, in grado di fissare il senso e orientarsi all’interno di quello istituito, come in parte potrebbe suggerirci Gehelen144? E, comunque, ciò non eviterebbe una questione di fondo, che Castoriadis non si pone, nonostante dia un potere rilevante all’istituito, come polo di concentrazione dell’affetto, di incarnazione delle significazioni immaginarie sociali e di orientamento, ovvero nonostante affermi un primato dell’istituzione come norma che stabilisce un campo cognitivo-pratico-normativo a livello sociale-storico: perché la Psiche ha bisogno della norma? In fondo, tanto Lacan con la legge del Padre, quanto la Aulagnier quando parla di contratto narcisistico, non fanno altro che ricordarci che la congiunzione più stretta tra Psiche e Società, avviene sul terreno della legge145. E non è lo stesso Castoriadis che, inconsapevolmente, criticando a ragione l’idea freudiana di una legge nata per differenziazione dell’Es, pone il problema del legame tra la Psiche e una presunta, aristotelica, “legge priva di desiderio”, che deve riferirsi necessariamente alla società146?

Spingendo l’interrogazione ancora più in fondo, bisogna chiedersi se è possibile fare una distinzione tra senso e desiderio, come Castoriadis fa in diverse circostanze, se si parte dalla sua stessa convinzione che affetto-intenzione-rappresentazione sono inscindibili nel senso veicolato. L’idea che la compensazione di cui la psiche ha bisogno per investire nella società sia legata ad uno “scambio” solo sul piano del senso, rischia di essere falsa, se non la si lega al portato libidico che qualsiasi senso conserva, e non la si espone al “rischio costante del desiderio”. La legge non nasce, forse, dall’immaginario istituente, che di certo non è scevro di affettività e, spesso, neanche di desiderio?

Questa idea di legge, priva di desiderio, così importante per Castoriadis, è certamente da ripensare.

Il problema maggiore posto dalle posizioni di Castoriadis, però, lo incontriamo nell’altra critica a Freud, quella relativa all’emancipazione della psicanalisi, ossia alla nuova relazione da instaurare tra le istanze dell’Es e dell’Io.

Pur condividendo la prospettiva generale sull’autonomia individuale, e considerando l’approccio lacaniano alla comprensione dell’Io come fuorviante147, c’è da sottolineare la parzialità con cui Castoriadis legge Freud, e, in ultima istanza, l’errore interpretativo che lo porta a rivendicare, senza saperlo, la posizione del primo Freud contro un’affermazione dell’ultimo Freud.

La base del fraintendimento castoriadisiano è lo slittamento di senso che lo stesso psicanalista greco-francese dà delle istanze dell’Es e dell’Io. Castoriadis non le assume solamente da Freud, ma fa propria la variante interpretativa di G. Groddeck, che assegna all’Io la funzione che, nella prima topica freudiana, era espressione del Conscio, e all’Es quella dell’Inconscio148. A partire da questa distinzione Castoriadis avanza la critica a Freud: l’aforisma che sintetizza la finalità della cura psicanalitica, la dove è ES, Io deve avvenire, deve essere corretto con il suo opposto: la dove è Io, Es deve sorgere. Perché la finalità non può essere quella di seccare l’Es, né di dominarlo, ed è necessario che le rimozioni che vengono imposte all’Es e che ne bloccano l’espressione, siano eliminate, per arrivare ad avere una piena coscienza di quali siano le pulsioni e i desideri inconsci. Tuttavia, tale “correzione” determinante, è già inclusa nella prospettiva freudiana.

Al di là della tripartizione psichica in cui si dovrebbe escludere, da un punto di vista freudiano, la posizione di Groeddeck, basti pensare all’importanza che Freud, sin da subito, riservi alla sintonia tra Inconscio e Io, facendo dell’Io una parte stessa dell’Es, e relegando all’ideale dell’Io-Super Io, l’istanza di rimozione che agisce nell’Io149. Questa istanza, più di altre, è espressione diretta dell’Es.  Freud stesso afferma che tra Io ed Es esiste una lotta, e perciò si debbono sviluppare dei rapporti equilibrati dove nessuna della due istanze possa sopraffare o imbavagliare l’altra, pena la nascita di tre distinte patologie150. Solo verso la fine della sua vita Freud afferma che la finalità della psicanalisi è quella di un progressivo dominio dell’Es da parte dell’Io, a dispetto di quanto aveva scritto precedentemente. Tuttavia tale affermazionee non è l’espressione di un determinante cambio di prospettiva generale: “(…)siamo molto spesso obbligati, per i nostri intenti terapeutici, a combattere il Super-Io, e ci sforziamo di ridurre le sue pretese. Obiezioni del tutto analoghe possiamo sollevare contro le esigenze etiche del Super-io della civiltà. Anch’esso non si preoccupa abbastanza degli elementi di fatto nella costituzione psichica degli esseri umani; emana un ordine e non si domanda se sia possibile eseguirlo. Presume, anzi, che l’Io dell’uomo sia psicologicamente in grado di sottostare a qualsiasi richiesta, che l’Io abbia un potere illimitato sul suo Es. Questo è un errore, e anche negli uomini cosiddetti normali la padronanza dell’Es non può superare certi limiti. Esigendo di più, si produce nell’individuo la rivolta o la nevrosi, o lo si rende infelice”151. Tuttavia, questa finalità, non è l’unica che nel tempo Freud stesso riconosce alla psicanalisi, che, principalmente, è considerata un metodo terapeutico d’origine catartica dove si deve liberare la libido dell’ammalato per renderla disponibile all’Io, e non per sottomettere il luogo di generazione delle pulsioni all’istanza cosciente. Quest’ultima, per Freud, tra l’altro, è solo una delle funzioni degli strati più esterni dell’Io, ossia di quelli più vicini alla realtà, e, quindi, dello stesso Es152.

È questa istanza che Castoriadis pensa si possa trasformare in soggettività riflessiva e deliberante, perché essa è la sede del principio di realtà, come lo stesso Freud aveva scritto in diverse occasioni153. Solo che il padre della psicanalisi lega l’emergere della coscienza principalmente alla rinuncia pulsionale, mentre Castoriadis non ne fa menzione, anche per rimanere fedele alla proposta di un nuovo rapporto d’emancipazione tra le istanze psichiche, di cui rivendica, a torto, piena paternità. La sua vera novità, rispetto a Freud, è quella di aver valorizzato e sottolineato, nella pratica analitica in grado di fare emergere un nuovo rapporto tra le istanze, l’aiuto e la reciprocità che lo psicanalista rivolge al paziente. Lungi dall’essere un elemento secondario, esso è considerato necessario all’emergere della soggettività riflessiva e deliberante. Sia a livello individuale sia a livello collettivo154. Ma Castoriadis non lo mette in relazione diretta con l’emergere di questa capacità del soggetto, come invece, a suo modo, fa l’Aulagnier quando parla esplicitamente del doppio bisogno dell’Io (anche se si riferisce prima di tutto alla relazione madre-bambino): del  riconoscimento di sé e del riconoscimento di sé da parte di altri155.

Ciò ci consente di tirare, anche su questo terreno, un paio di conclusioni chiare: 1) la formula di Castoriadis tra Io ed Es è solo parzialmente originale, benché più coerente di quanto Freud avesse affermato in tutta la sua vita in merito a tale relazione tra Io ed Es; 2) tale relazione risulta, in ultima analisi, incompleta, se pensata al di fuori del principio di realtà (per Castoriadis il sociale-storico) e del reciproco rispetto dell’accettazione di sé e dell’altro, necessaria alla realizzazione dell’Io, di cui ci parla la Aulagnier.

Per la stessa ragione, ad una politica dell’autonomia, bisognerebbe affiancare un’etica della responsabilità che faccia dell’accettazione dell’alterità l’altra faccia dell’accettazione di sé, ossia della pratica del reciproco rifiuto del dominio una praxis d’autonomia generale, dove ricollocare anche la pratica analitica definita da Castoriadis156.

3)    La Paideia e i limiti antropologici di una possibile società autonoma.

  Teorizzando l’immaginario radicale, l’immaginazione psichica e l’immaginario sociale-storico, Castoriadis delinea il terreno comune a Psiche e Società, che, pur essendo realtà ontologiche irriducibili l’una all’altra, sono pur sempre inseparabili. Tanto è vero che egli non smetterà di sottolineare l’omologia determinante tra Psiche e Società, parlando della formazione comune tra la struttura profonda della personalità e delle istituzioni sociali. È su questo terreno che si crea una solidarietà e una circolarità tra psicanalisi e politica: la storia della socializzazione della psiche passa per la struttura sociale-storica delle istituzioni157. In fondo, lo stesso individuo viene considerato un’istituzione sociale da Castoriadis. Ora, senza sovrastimare la razionalità dell’intelletto, cosa che il greco-francese rimprovera a Freud158, ricordandogli la realtà di immaginari molteplici e rivali che lottano tra loro negli individui e per le società, possiamo affermare che per Castoriadis esista una logica emancipatrice comune a psicanalisi e politica.

Potremmo chiamarla l’equazione di Castoriadis: la politica sta alla società come l’Io sta all’Es. Ovvero la politica ha bisogno sempre di accogliere e cambiare il portato pre-politico della società per renderlo compatibile con l’autogoverno, che è la dimensione dell’individuazione e della creazione della soggettività riflessiva e deliberante a livello collettivo, così come l’Io deve accogliere e filtrare l’Es, per permettere l’individuazione al singolo e farlo divenire una soggettività riflessiva e deliberante. Tale logica permette di affrontare gli obblighi esterni all’individuo, già strutturati, istituiti, dalla società, e, allo stesso tempo, gli impulsi psichici guidati dai desideri inconsapevoli e inconsci. Se la psicanalisi, nello specifico, permette di chiarire alcuni aspetti delle difficoltà che possono presentare il lavoro e la lotta per il progetto collettivo di una società autonoma, la politica aiuta la psicanalisi a evidenziare la propria vocazione politica e la valorizzazione dell’azione lucida, esplicita, a cui qualsiasi soggetto deve mirare per rendere efficace la cura.

L’equazione di Castoriadis è il centro dell’autolimitazione della società autonoma, e chiarisce perché egli dia un’enorme importanza all’autolimitazione quando parla di psicanalisi e politica (l’assunzione della castrazione e l’accettazione della contingenza ultima di ogni significazione, del senso che creiamo nella storia, e della comprensione delle istituzioni, dell’istituito e dell’istituente). Inoltre, tale equazione permette di vedere non solo come la corrispondenza tra Psiche e Società si sviluppi sul terreno dell’emancipazione, ma anche e soprattutto come il riconoscimento e la capacità di creazione di un nuovo significato per l’individuo vada considerata insieme al riconoscimento e alla capacità di valorizzare il suo aspetto sociale-storico, ossia il fatto che esso possa essere condivisibile con gli altri (e che di fatto lo è sempre già immediatamente).

In questo senso psicanalisi e politica giocano un ruolo determinante per la trasformazione della società, così come per l’affermazione di una paideia democratica, su cui si sviluppa l’autoeducazione generale di quanto ci è comune e del nostro ruolo attivo per la sua costruzione e/o per il suo cambiamento.

3.1) L’educazione democratica come ethos della responsabilità

  Risulta ormai chiaro il decisivo carattere pedagogico della proposta filosofico-politica di Castoriadis. Ciò che ritroviamo nella sua politica, come anche nella psicanalisi e nella pedagogia, è infatti l’educazione democratica, che, riprendendo il nome antico, chiama Paiedeia.

Dopo un primo tentativo teorico (in cui è stato possibile delineare in cosa consista un’etica dell’autonomia a partire dalle riflessioni dello stesso Castoriadis), teso a sottolineare come si possa arrivare a rintracciare nel binomio autonomia-solidarietà il luogo specifico per l’incontro tra etica e politica (grazie anche da altri filosofi, Capitini e Morin), si può adesso ricollocare la  dimensione etica ricavata da Castoriadis all’interno del più ampio contesto della Paiedeia dove essa trova la sua vera cittadinanza. In altre parole, ormai è possibile evidenziare quali sono i poli valoriali e d’orientamento che fanno dell’etica una parte centrale della Paideia, proprio nell’incontro peculiare tra posizione politica e visione psicanalitica di cui sto rendendo conto in questa sede159.

Come sappiamo, per il nostro filosofo l’educazione continua di tutta la società, la Paideia, riveste un’importanza capitale, e anche se è principalmente un’educazione politica non vi si limita: l’educazione all’autonomia si nutre dell’abitudine alla libertà e si radica sulla consapevolezza che ognuno di noi educa costantemente gli altri, rispetto a quello che fa e dice, e perciò ha una responsabilità nei loro confronti, e, circolarmente, ciò che gli altri fanno o dicono incide su di noi in modo determinante160.

In questa prospettiva Castoriadis ci chiarisce che la psicanalisi ci consente di cogliere l’idea che è l’istituzione sociale a concretizzare per la psiche il mondo comune a cui partecipiamo, e che esso non ubbidisce semplicemente ai suoi desideri. Mentre la politica, invece, costituisce il cuore di questa autoeducazione collettiva in grado di far crescere in tutti la passione per la cosa pubblica, rispettare il potere che emerge con gli altri, e interiorizzare e rispettare la legge come eguale per tutti e sempre modificabile (facendo così della democrazia, sostanzialmente, una questione di educazione dei cittadini)161. Ecco anche perché l’educazione all’autogoverno dei cittadini è considerata dal nostro come l’unica e ultima garanzia vera della Democrazia.

Da entrambe le pratiche siamo in grado di ricavare ciò che si delinea come un Ethos della responsabilità, una specie di ”etica collettiva” (l’insieme di pratiche, usi, costumi e assunzione valoriale individuale: essi trovano nell’elaborazione critica del singolo la principale fonte di espressione). Perché, per Castoriadis, tra l’individuo e la collettività c’è sempre un legame intimo.

Questa forma d’etica è in primo luogo un Ethos della mortalità162, terreno in cui l’autonomia umana si declina a partire dal principio di realtà, che, per il greco-francese, è l’accettazione del sociale-storico. Essa ci porta alla relativizzazione del mondo e delle istituzioni che ci sono proprie, per evitare forme di dominio, onnipotenza e totemizzazione che distruggono alla base qualsiasi possibilità per l’autonomia, etica o politica, ed ha bisogno del rispetto dell’alterità, degli altri, di tutti. Un’etica della mortalità significa che è necessario sviluppare una volontà di comprensione degli altri, e di noi stessi, che ci allontani dall’hubris psichica, che agevola e rafforza forme di eteronomia collettiva, della chiusura sociale, e che impedisce di accettare l’assenza di senso, il dispiacere, così come la distanza dall’interiorizzazione del senso a cui diamo valore quando siamo autonomi. Tale pratica valorizza la nostra azione libera e si pone costantemente in rapporto con quella degli altri, in modo da fare di questa limitazione la vera chiave di volta per essere liberi163.

In secondo luogo è un Ethos del logon didonai, del rendere conto e ragione, necessario alla virtù democratica, alla ricerca della verità e all’abitudine della scelta, attraverso la riflessione e il dialogo e a partire da una volontà esplicita e cosciente. Una pratica che si nutre di phronesis, di giudizio contestuale, di reciprocità della critica così come del diritto all’errore, per riflettere su ogni problema in modo specifico e farlo innescando un rapporto lucido con il discorso dell’altro. Un’educazione al dialogo e alla decisione comune (hexis proaretike)164.

“Penso che il progetto di autonomia è il solo che sia ragionevolmente difendibile di fronte alle persone che accettano la discussione, che non invocano una verità rivelata o una altra autorità indiscutibile. A valle di questo progetto, lo si può argomentare con forza. A monte, non lo si può “fondare”: dipende dalla decisione originaria di essere liberi”165.

Insomma, le due facce dell’etica della responsabilità non si caratterizzano per essere esattamente ed esclusivamente delle forme di etica individuale. Ecco perché sono indispensabili alla politica (in cui si deve accettare che tutte le opinioni hanno, in principio, lo stesso valore)166, come è già stato accennato, così come sono centrali per il lavoro psicanalitico, che, sin da Freud, non a caso, si caratterizza per lo sviluppo di un tipo particolare di parrhesia, dove il socratico conosci te stesso si lega a doppio vincolo con l’esigenza della cura, e diventa una forma di trasformazione di sé veicolata da una critica e da un dialogo condivisi con l’altro. Una forma di condivisione di sé e di quello che si vuole diventare, e non solo della liberazione dalle proprie sofferenze, che è, nei fatti, un’educazione ad una socialità aperta all’intervento di sé sulla propria vita e dell’altro su di sé. Educazione alla valorizzazione del desiderio di riconoscimento e di partecipazione comune (con gli altri) per la realizzazione di sé, del noi e del mondo (delle opere comuni).

Per avere un quadro completo della proposta filosofico-politica di Castoriadis, non sempre esplicita e che stiamo ricavando dallo statuto che psicanalisi e politica assumono per la realizzazione dell’autonomia umana, alla logica dell’emancipazione e all’ethos comune a psicanalisi e politica si deve aggiungere come la loro comune realizzazione avvenga nel progetto di sé che costituisce la saldatura tra i mezzi e i fini della pratica dell’autonomia. In sintesi, l’equazione di Castoriadis ha un suo contenuto specifico che va affermato: la realizzazione del progetto di sé.

L’autonomia è preferibile ad altri valori e ad altre prassi perché consente agli individui e alle collettività di eliminare le inibizioni all’immaginazione radicale senza demolire le rimozioni nel processo constante di essere quello che si vuole divenire, ossia di investire in modo peculiare nella propria identità come aperta. In questo modo il soggetto autonomo è in grado di migliorarsi davvero e di ritornare sui suoi errori per rispettare l’esigenza di verità, giustizia e libertà che lo muove nella sua esistenza. Questo soggetto impara, con le prassi d’autonomia, a restare lucido rispetto alle tendenze inconsce, e riflessivo rispetto al controllo e alla messa in atto di queste tendenze, arrivando a dare senso a quello che fa come una totalità sempre capace di mettersi in discussione. Il progetto di sé alla base dell’autonomia è un processo perpetuo dove gli individui assumono attivamente tutte le forme di potere esistenti per aumentare le possibilità di essere ciò che si decide di diventare. Con la democrazia si dovrebbe istituzionalizzare proprio questa possibilità167.

 3.2) Amore e Morte, le impasse di Castoriadis

   Insomma, per Castoriadis né la pratica psicanalitica consente di arrivare a istaurare una distanza sufficiente dal nucleo monadico, né l’attività politica ci libera una volta per tutte dal dominio dell’istituito che la società cerca di costruire per stabilizzarsi sul movimento istituente che la segna nel profondo. C’è bisogno di un’educazione all’autolimitazione, ad accettare il dispiacere psichico e la mancanza di potere sociale, per comprendere e valorizzare il tutti della norma alla base delle istituzioni e l’irriducibile temporalità creativa che le innerva. Il che significa che l’autonomia non è afferrabile una volta per tutte, e che si deve affermare sempre di nuovo perché la tendenza spontanea di Psiche e Società alla chiusura del senso, e dell’affetto ad esso corrispondente, caratterizza entrambe le realtà ontologiche come differenti forme del Per sé.

Tuttavia, anche su questo terreno, è necessario segnalare i problemi che Castoriadis lascia sul tappeto della riflessione filosofico-politica.

Al contrario di alcune recenti teorizzazioni neolacaniane, come quelle di Recalcati, in cui si rintraccia nella formazione di un doppio inconscio la premessa per affermarne una sua relativizzazione sociale-storica radicale (dove contemplare anche una sua presunta scomparsa168), Castoriadis ritiene che è proprio la natura dell’inconscio a porre continui problemi all’educabilità umana, come anche per Freud169, ossia a porre dei limiti importanti alla possibilità di emancipazione dall’eteronomia. Soprattutto grazie al lavoro sugli inediti, infatti, siamo in grado di affermare che la sua più grande preoccupazione fosse relativa a quanto ritenesse essere il nucleo di conoscenza antropologico ricavabile dalla psicanalisi.

Se con Aristotele aveva collocato la politica al centro della trasformazione collettiva, di cui aveva ereditato l’orizzonte problematico da Marx ed Hegel, è grazie a Freud che egli trasla la rilevanza antropologica e filosofica della limitazione trascendentale in Kant su un piano psico-sociale. Con questo spostamento il problema della follia psichica dell’egoismo monadico, che condiziona in modo sostanziale anche il soggetto manifesto (lavorato da problematiche identificatrici e narcisistiche mortifere inconsce)170, diventa la questione principale circa il possibile limite invalicabile per edificare una società autonoma: “C’è una costellazione che si può caratterizzare con l’ultranarcisismo originario, l’egocentrismo, l’onnipotenza del pensiero, l’odio, la tendenza alla distruzione dell’altro, che si rivolge contro il soggetto stesso. C’è, quindi, un limite che viene posto ai possibili stati della società umana, alla natura della società umana. Si potrebbe dire, dando ragione a un filosofo reazionario, che la natura dell’anima umana esclude per sempre che si possa costruire una società perfetta. Però non sappiamo cosa vuole dire una società perfetta. Vorremmo semplicemente un’altra società; una società con maggiore giustizia e eguaglianza. (…) la psicanalisi o, più generalmente, la struttura stessa o la natura, se voi preferite, della psiche umana traccia come tale dei limiti ad ogni tentativo di trasformazione sociale?”171.

Domanda che possiamo rivolgere allo stesso Castoriadis, o riformularla così: il postulato della società libera, che contempla la possibilità di investire nella verità come tale e di essere in grado di scegliere172, è messo in pericolo o agevolato da alcune fondamentali realtà psichiche che hanno un loro corrispettivo in alcuni specifici fenomeni sociali?

Un’analisi che torna all’origine della riflessione castoriadisiana, ovvero che recupera criticamente il momento in cui Freud elabora la tesi sulla ripetizione che è la base teorica decisiva per l’ipotesi della monade psichica, ci permette di rispondere affermativamente a questa domanda, evidenziando come Castoriadis abbia misconosciuto alcuni problemi relativi alle pulsioni di vita e di morte che egli rielabora in modo solo parzialmente convincente. Va dato atto a Eugène Enriquez di aver evidenziato, per primo, i limiti del pensiero di Castoriadis sulla rielaborazione della teoria delle pulsioni di Freud e, in particolare, della pulsione di morte173. Ma egli non centra, però, i principali problemi che tale rielaborazione ci pone davanti se vogliamo comprendere quali sono i limiti o le possibilità che il soggetto dell’emancipazione si trova a vivere.

Quando Freud comincia a scrivere della relazione tra Eros e Thanatos, non lo fa sulla base di un postulato logico o ontologico, ma a partire da una riflessione sul materiale psichico dell’esperienza psicanalitica. Dalle prime riflessione sulla tendenza all’autopunizione sino a quando parlerà della proprietà universale delle pulsioni, passando per l’ipotesi centrale della pulsione della coazione a ripetere e dell’energia indifferenziata di base di tutte le pulsioni e per quella dell’intreccio costitutivo tra le pulsioni di vita e quelle di morte, Freud, a differenza di Castoriadis, sostiene un terreno comune dove si impastano l’odio e l’amore174. È qui che troviamo le impasse maggiori della proposta filosofico-politica del greco francese.

Benché si possa desumere dallo stesso Freud, come fa giustamente Castoriadis, la presenza di un primato della pulsione di autoconservazione, del narcisismo egoista alla base dell’amore oggettuale e dell’odio sull’amore, non è possibile interpretare, però, il fatto che esista una tendenza psichica a ristabilire uno stato precedente a quello che si sta vivendo, così come il fatto di rinnovare l’esperienza della ripetizione di una forma primaria di soddisfacimento175, con l’ipotesi di uno stadio originario di onnipotenza avverso alla costruzione dell’identità sociale (e perciò autodistruttivo), come sembra fare il greco-francese con il postulato monadico. Ciò, in primo luogo, perché la tendenza psichica a ristabilire uno stato precedente non è sovrapponibile all’idea di una tendenza volta a ristabilire uno stato originario (il contrario può essere sostenuto solo da chi assume, in modo puramente logico, che tale processo è regressivo e inarrestabile), e, in secondo luogo, perché rinnovare l’esperienza di un soddisfacimento primario non costituisce quanto accade nei momenti più importanti della ripetizione psichica, o della coazione a ripetere. È vero che è lo stesso padre della psicanalisi a ritenere che l’inconscio psichico è dominato dal predominio della coazione a ripetere, ma per lui sono soprattutto le nevrosi traumatiche, infatti, a risolversi in malattie segnate da questa coazione, ed esse sono caratterizzate da un distacco libidico, come avviene per il lutto e la malinconia, generato da un eccesso di eccitamento che diviene traumatico e che pone fuori uso il principio di piacere, facendo una breccia nell’”equilibrio psichico” (simile a quando l’Io rifiuta la realtà davanti al trauma che porta alla psicosi)176. L’ipotesi della coazione a ripetere per Freud è, in effetti, decisiva: è all’origine delle tesi che lo portano ad affermare che il sogno non è solo un appagamento del desiderio, e che bisogna andare oltre una spiegazione teorica incentrata sul piacere e il dispiacere. Così come, parlando del distacco libidico e dell’ambivalenza tra conservazione e distruzione dell’Io nel lutto e nella malinconia, Freud aveva sottolineato una realtà estranea al piacere-non dispiacere, nelle nevrosi, e in particolare in quelle di guerra, che gli permettono di evidenziare come la coazione a ripetere sia legata a un trauma psichico177. Proprio questo legame determinante tra trauma e coazione a ripetere per Freud è misconosciuto nella riflessione di Castoriadis. Se stiamo a quanto il padre della psicanalisi ci suggerisce, non è possibile comprendere la pulsione di morte racchiusa nella tesi castoriadisiana della Monade psichica, senza problematizzare la rilevanza del trauma psico-fisico per la coazione a ripetere, ed arrivare all’idea che essa non sia semplicemente qualcosa di originario della Pische ma, invece, sia legata alla contingenza dell’esperienza traumatica.

Una prima conferma alla nostra obiezione la troviamo nel lavoro terapeutico di Françoise Davoine e Jean-Max Gaudillière sulla follia generata dai traumi di guerra.

Basandosi anche sul lavoro della psichiatra tedesca Frieda Fromm-Reichemann, dove si sostiene che alla base di ogni psicosi ci sono esperienze emozionalmente traumatiche, la coppia di terapeuti pone l’accento sulla necessità di imporre la rimozione davanti ad una realtà psichica disastrosa, frammentata e priva di qualsiasi presenza dell’alterità in grado di garantire il legame sociale, facendo l’opposto di quanto normalmente la psicanalisi pratica (ossia l’eliminazione delle rimozioni). Per arrivare alla follia, che assomiglia ad un ritorno allo stato monadico come lo intende Castoriadis (perché è caratterizzata da la sospensione del tempo e la mancanza di fiducia nei confronti della realtà esterna che porta a rompe il contratto sociale), il trauma, fondamentalmente psichico, è determinante178. In questo caso la persona è racchiusa in una “coazione a ripetere assoluta”, una forma di sospensione di sé dove nulla può davvero cambiare, l’affermazione di una permanenza nella non-identità (simile alla permanenza nell’identità che Castoriadis ritiene essere l’espressione diretta di quanto Freud chiamava pulsione di morte) dove si afferma uno stato di vita non vissuta (o di morte in vita) che ci impone di pensare che il trauma è strettamente legato alla “pulsione” di morte.

Ma Castoriadis dimentica soprattutto di tematizzare e riflettere su quanto costituisce il cuore della pulsione di vita.

Come già ricordato, il greco-francese non coglie la rilevanza del primo investimento positivo verso l’esterno da parte della Psiche. Davanti al ricadere nell’eteronomia in essa connaturato, potremmo chiederci se non è il caso di fare affidamento su questo per pensare al passaggio all’autonomia, visto che tale cambiamento privo di un simile investimento è difficilmente immaginabile. Tuttavia, questo primo investimento, in quanto tale, non solo non garantisce nulla in termini di qualità della trasformazione ma è, molto probabilmente, anche una delle radici del conformismo. Il problema, quindi, andrebbe posto cercando di capire in che modo l’affettività positiva originaria è in grado di superare la difesa identitaria, la chiusura comunitaria e le altre forme d’eteronomia individuale e sociale. Ma non possiamo farlo a partire da Castoriadis per la stessa ragione appena evidenziata: la coppia Eros e Thanatos è ridotta alla doppia tesi della monade e della sublimazione allargata, senza essere problematizzata.

Se Castoriadis non è arrivato a comprendere che nel suo stesso discorso sull’autonomia non si può prescindere dal portato della solidarietà attiva, come ho già dimostrato altrove, non è solo perché ha delineato un primato della monade psichica per la psiche originaria, ma anche perché non ha dato la centralità che merita nella vita psichica all’Amore (come ha colto anche Olivier Fressard179), né ha assunto la sua importanza in termini di emancipazione.

Lungi dal farlo diventare un miraggio speculare, inganno essenziale davanti alla dialettica del desiderio e alla forza del Reale, come in Lacan180, Castoriadis considera l’amore soprattutto come amore narcisistico, che si scinde in tre cariche d’investimento: auto investimento psichico, transfert sul seno, odio del mondo esterno181. Nonostante avesse coscienza della centralità che questa dimensione umana occupasse nella costellazione concettuale di Freud, il nostro psicanalista non la prende minimamente in considerazione, ritenendo che sessualità e amore costituiscano due realtà diverse, di cui solo la prima è però davvero rilevante in termini antropologici. Inoltre anche la sessualità la fa discendere dalla bisessualità monadica, senza tematizzare quell’aspetto affettivo che pur aveva individuato nella Philia o nell’Eleos, ossia nella valorizzazione reciproca alla base dell’autonomia182. Eppure, da uno dei testi inediti, sappiamo che il nostro filosofo psicanalista pensa che l’umanità dimostra un affetto positivo che prevale nella quasi totalità dei casi su quello negativo183. Ma come giustificare una tale affermazione sulla base delle sue tesi principali?

Per Freud l’Amore, e non solo la sessualità (o la sua politicizzazione, come hanno colto a loro modo, Marcuse e Reich), è a fondamento della civiltà e, possiamo aggiungere, dell’emancipazione umana. Non si tratta esclusivamente di chiarire la possibilità concreta che la civiltà ha di inibire il meno possibile la sessualità non sublimata (per liberare, una parte o la totalità, dell’amore inibito alla meta, come Marcuse e Reich hanno sottolineato184), ma di portare a reale trasformazione le pulsioni egoistiche e farle divenire pulsioni sociali. O, in altre parole, di passare dal desiderio-bisogno di essere amati (egoismo) a quello di amare (altruismo), che si basa sul passaggio dal narcisismo all’amore oggettuale185.

È vero che Freud considera la sessualità al centro d’importanti problemi psichici, e ritiene che le pulsioni sessuali siano difficilmente “educabili”, oltre a ritenere sempre vivo lo scontro tra le pulsioni, ma, ciononostante, l’Amore riveste per lui un’importanza che spesso è stata sottovalutata da chi ne ha voluto seguire l’insegnamento.

Non è certamente il caso di Eric Fromm, di cui Castoriadis non menziona che il nome in rarissime occasioni. Eppure Fromm arriva a elaborare alcune tesi critiche sulla società contemporanea in Psicanalisi della società contemporanea che sono sorprendentemente simili a quelle che il greco-francese difende nello stesso periodo, quando rompe con il marxismo e con Marx186. La sua psicanalisi umanista e socialista riprende la principale finalità freudiana della cura, la possibilità di restituire al soggetto la capacità di amare e lavorare, per sottolineare come il bisogno di socialità si possa trasformare in forme di Amore (amicizia e solidarietà) che lo liberino dalla convinzione corrente che esso derivi fondamentalmente dalla sessualità. Ciò che Fromm fa, a differenza di Castoriadis, è considerarlo inseparabile dall’autonomia umana, sulla base della fiducia profonda nell’umanità. Solo così, per lui, si può realizzare la liberazione antropologica dall’essere umano venutosi a strutturare nella società capitalista attuale. “Tra le diverse forme di relazione però, soltanto quella produttiva, l’amore, permette a un uomo di conservare la sua libertà e integrità pur essendo, nello stesso tempo, unito ai suoi simili. (…). La salute mentale è caratterizzata: dalla capacità di amare e di creare, dalla liberazione degli incestuosi legami con il clan e il suolo, da un senso d’identità basato sull’esperienza che l’individuo ha di sé come di soggetto e agente dei suoi poteri, dalla capacità di afferrare la realtà dentro e fuori di noi stessi, cioè dallo sviluppo dell’obiettività e della ragione”187. Del resto Fromm aveva già ampiamente chiarito come, davanti alle società totalitarie, l’amore sia un fattore di trasformazione necessario per la conservazione dell’Io individuale e per affermare una spontaneità nelle relazioni sociali, esattamente ciò che quel tipo di struttura sociale tende a distruggere, spingendo l’individuo a fuggire dalla libertà che aveva acquisito e ad essere dominato dalla sottomissione che priva di solidarietà i legami tra gli esseri umani188.

Nonostante Castoriadis mostri un deficit importante anche sul piano della riflessione sull’Amore, come sul legame tra esperienze traumatiche e “pulsione” di morte, egli non smetterà mai di considerare l’importanza della socializzazione costitutiva dell’essere umano, così come la centralità del superamento dell’esteriorità reciproca del mondo attuale, grazie alla discussione e all’azione comune, o alla rilevanza della fonte della legge democratica che ha bisogno di una volontà della collettività che deve esplicitarsi con motivazioni e ragioni189. Proprio quest’ultima convinzione lo porta a considerare il logon didonai e l’agonismo politico (entrambi espressione di un conflitto incentrato sull’affermazione di una validità di diritto nei confronti dell’esistente) come essenziali per lo sviluppo dell’autonomia, e a ripudiare forme di violenza, come il dominio, l’imposizione autoritaria o le guerre, se pensate come espressione d’autonomia umana o semplici strumenti per la sua realizzazione. “(…) la soddisfazione dell’odio verso gli altri che si realizza con le guerre è incompatibile con ciò che noi potremmo pensare essere il progetto di una società autonoma se intesa a livello dell’umanità intera”190. Pur con tutti i limiti e le contraddizioni legate all’insufficienza pratico-teorica delle realtà dell’Amore e della Morte a cui abbiamo appena fatto riferimento, c’è da domandarsi seriamente, in quest’ottica, se Castoriadis non sviluppi implicitamente, in fondo, l’idea di una politica nonviolenta, come, in modo diverso, ha fatto esplicitamente Hannah Arendt191.

 Psicanalisi e politica, oltre le impasses di Castoriadis

  Alcune considerazioni provvisorie ci permettono di imboccare il cammino di una riflessione futura in cui la psicanalisi e la politica saranno ancora, probabilmente, al centro dell’attenzione.

Sul piano psico-sociale, non c’è dubbio che la fiducia reciproca, che Fromm considera uno dei presupposti principali per l’emancipazione umana e che rimane implicita nella riflessione sull’autonomia di Castoriadis, costituisce una strada per comprendere in che modo si possano legare autonomia e solidarietà, libera eguaglianza e amore. Basti pensare alle volte che il nostro si riferisce all’altro come fonte della libertà individuale e collettiva, all’individuazione di sé che passa per il riconoscimento del principio di realtà, ossia all’interiorizzazione dell’altro come alterità. Tuttavia, resta pur sempre aperta la questione se la rappresentazione della società, che Castoriadis ci insegna essere necessaria per la realizzazione della politica, sia o meno un’esigenza “naturale” per la psiche e la società, oppure, non si debba intendere come una creazione legata proprio alla partecipazione alla politica o al politico. Inoltre, Castoriadis ci consegna una discutibile separazione tra senso e desiderio che andrebbe compresa di nuovo sulla base di un chiarimento della relazione tra senso e valore. Che il senso non sia sempre frutto di investimento valoriale, come vuole Castoriadis, non esclude, infatti, che è con la valorizzazione del senso, con un investimento affettivo importante (con un desiderio?) che siamo in grado di cambiare noi stessi e il mondo. Come, per esempio, non sembra che si possa confutare il fatto che per cambiare una qualsiasi legge in senso democratico bisogna, prima, aver valorizzato il principio di legalità.

Sul piano sociale-psichico, invece, possiamo ormai affermare che la solidarietà attiva si mobilita chiaramente nella costruzione di quanto è comune. Castoriadis e la Arendt, in modi diversi, ce lo ripetono continuamente dal punto di vista della riflessione, e i movimenti per la creazione politica degli ultimi duecento anni lo sanciscono sul piano della praxis d’autonomia. Tuttavia sorge il dubbio che questa solidarietà non possa fare a meno di una specifica articolazione temporale sociale-storica, ossia di una particolare relazione tra i tre tempi dell’immaginario (presente-passato-futuro). Dopo la nostra riflessione critica su Castoriadis, non possiamo limitarci ad assumere, però, la sua idea che la società debba essere considerata come un soggetto, o come una società politica. Ciò può e deve accadere nell’azione politica, di diritto, ma sul piano istituente lo scarto tra l’auto-istituzione della società e la creazione politica è costitutivo, e ci impedisce di considerarla come soggetto di fatto. Il che pone problemi non certo banali a chi volesse proseguire il progetto d’autonomia.

  1. Cornelius Castoriadis, Conferenza tenuta al Beaubourg di Parigi il 6 Giugno 1991 dal titolo “Psychanalise et politique”. La citazione corrisponde, nei documenti d’archivio, alle pagine 8 e 9.
  2. Particolarmente importanti ai fini della presente analisi sono le ultime pubblicazioni relative al pensiero politico di Castoriadis. Si legga a tale proposito: C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 1-2. Ecrits politiques 1945-1997, III-IV, Ed. du Sandre, Paris 2013.
  3. Mi riferisco in particolare ad una grande quantità di carte, dattiloscritte o scritte a mano, e di pubblicazioni inedite (interviste, seminari accademici, conferenze pubbliche, etc) conservate presso gli “Archives Castoriadis”. Per i seminari del ’93 devo ringraziare la generosità di Nicolas Poirier che me li ha messi a disposizione nonostante stia lavorando per la loro prossima pubblicazione.
  4. Mi riferisco non solo alle pubblicazioni Emanuele Profumi, L’autonomia possibile. Introduzione a Castoriadis, Mimesis, Milano 2010 e Emanuele Profumi, Sulla creazione politica. Critica filosofica e rivoluzione, Editori Internazionali Riuniti, Roma 2013, ma anche ad una Conferenza pubblica tenuta a Parigi a fine 2013, in cui faccio riferimento all’importanza della filosofia politica di Castoriadis (Thèses sur Castoriadis: Cornelius Castoriadis, grand philosophe politique malgré lui). Sul piano della critica alle principali idee castoriadisiane sul piano della filosofia politica, si legga, invece, un primo contributo in Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, Tesi di dottorato presso l’Università “La Sapienza” di Roma, Roma 2008, pp. 152-233.
  5. C. Castoriadis, Sur le Contenu du socialisme II, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, Union Générale d’éditions, Paris 1979, p. 127.
  6. C. Castoriadis, Sur le Contenu du socialisme I Sur le Contenu du socialisme II, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 67/72-4/77/79-80/107-8/124-8/189/195-199.
  7. Cornelius Castoriadis, Sur le Contenu du socialisme II, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 200/206.
  8. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, Editions du Seuil, Paris 1975, pp. 115/134.
  9. C. Castoriadis, Histoire et création. Textes philosophiques inédits (1945-1967), Ed. du Seuil, Paris 2009, pp.160-1. In questo periodo comincia ad elaborare l’idea di alienazione sociale che sarà al centro della seconda parte dell’IIS: si legga Cornelius Castoriadis, Histoire et création. Textes philosophiques inédits (1945-1967), op. cit., p. 200.
  10. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., pp. 149.
  11. Ibid., pp. 319/536-8.
  12. C. Castoriadis, Introduction générale à la réédition en « 10/18 », in Cornelius Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 1, op. cit., p. 370.
  13. C. Castoriadis, Valeur, égalité, justice, politique : de Marx à Aristote et d’Aristote à nous, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, Editions du Seuil, Paris 1978, pp. 352-3/360/365-6/381-2/401/411-3.
  14. Di questa ambiguità tratto in modo analitico in Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, op. cit., pp. 174-88. Sulla sovrapposizione di politica e rivoluzione in questo periodo si leggano per esempio C. Castoriadis, La cité et ls lois, Ed. du Seuil, Paris 2008 , pp. 173-4 e C. Castoriadis, Anthropologie, philosophie, politique, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, Ed. du Seuil, Paris 1996, p. 120. Mentre sulla confusione tra società auto istituente e politica bisogna rendere visibile l’ambiguità tr http://video.repubblica.it/politica/convention-ncd-saluto-romano-durante-l-inno-d-italia/153963/152465?ref=HREC1-19a democrazia, intesa come società autonoma, e politica. Si legga, per esempio, quanto afferma in Cornelius Castoriadis, Les enjeux actuels de la démocratie, in C. Castoriadis, Une société à la dérive, Ed. du Seuil, Paris 2005, pp. 157-8, oppure il riferimento ad una società politica in C. Castoriadis, L’exigence révolutionnaire , in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., p. 365 o, ancora, quando Castoriadis si riferisce alla centralità delle opere sociali e degli obiettivi comuni per la politica in C. Castoriadis, La polis grecque et la création de la démocratie, in C. Castoriadis, Domaines de l’homme, Ed. du Seuil, Paris 1986, p. 303.
  15. C. Castoriadis, Socialisme et société autonomeL’exigence révolutionnaire Transformation sociale et création culturelle, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 29/327/414. Sulla distinzione tra il politico e la politica, nel senso appena chiarito, si legga quanto scrive in Cornelius Castoriadis, Sur le jugement politique, in Vincent Descombes, Philosophie du jugement politique. Débat avec Vincent Descombes, Editions Points, Paris 2008, p. 85.
  16. C. Castoriadis, La source hongroise, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 388-96/406.
  17. C. Castoriadis, Socialisme et société autonome La source hongroise, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 16/25/365 e C. Castoriadis, La pensée politique, in Cornelius Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, Edition du Seuil, Paris 2004, pp.284/295/298.
  18. C. Castoriadis, La source hongroise e Transformation sociale et création culturelle, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 386-7/415.
  19. C. Castoriadis, Socialisme et société autonome, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., p. 38.
  20. L’idea verrà sviluppata soprattutto negli anni ’80 e ’90, ma è già presente nel testo Cornelius Castoriadis, Socialisme et société autonome, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., p. 27.
  21. Cornelius Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, op. cit., p. 170; C. Castoriadis, La cité et ls lois, op. cit., pp. 82-3/130/188/199-200/203/236; C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, Ed. su Seuil, Paris 2011, pp. 30/55/96/101-3.
  22. C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, Ed. du Seuil, Paris 2002, pp. 146/153-4 ; C. Castoriadis, Pouvoir, politique, autonomie, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, Ed. du Seuil, Paris 1990, p. 138.
  23. C. Castoriadis, Psychanalyse et politique e L’idée de révolution, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., pp. 151/168 ; C. Castoriadis, imaginaire politique grec et moderne, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., pp. 150/162 ; C. Castoriadis, Fait et à faire De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, Ed. du Seuil, Paris 1997, pp. 62-72/108.
  24. Evidenza che tratto in Emanuele Profumi, L’autonomia possibile. Introduzione a Castoriadis, op. cit., pp. 97-119.
  25. Castoriadis afferma senza mezzi termini che il ’68 ha reso visibile che il vero luogo della politica è ovunque, ovvero la società come tale. Idea centrale, responsabile di gran parte dell’ambiguità che rende difficile distinguere tra la politica e l’autotrasformazione della società. Si veda C. Castoriadis, Entretien avec C. Castoriadis sur l’expérimentation sociale, in BbisB4, p. 7.
  26. C. Castoriadis, Chapitre VII. Que signifie s’orienter dans l’histoire?, in Bquater 13, pp.10-11. Si legga anche quanto afferma nel C. Castoriadis, Séminaire: totalitarisme, dictature, démocratie, sempre presente negli archivi, in cui parla di una spirale verso l’interno o verso l’esterno dell’attività rivoluzionaria di responsabilità-partecipazione-democrazia diretta (p.27). Sulla critica più generale a Castoriadis si legga Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, op. cit., pp. 217-21.
  27. C. Castoriadis, SJ14, Archivi Castoriadis, p.77 e C. Castoriadis, Le grand Sommeil, Archivi Castoriadis, pp. 15-6.
  28. Si leggano, per esempio, C. Castoriadis, Socialisme et société autonome e La source hongroise, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 18/26 e 400; C. Castoriadis, La pensée politique, in Cornelius Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, p. 290 e Cornelius Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, op. cit., p. 170; C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit, pp. 95-6 ;C. Castoriadis, Les enjeux actuels de la démocratie, in C. Castoriadis, Une société à la Dérive, Ed. du Seuil, Paris 2005, pp. 157-8.
  29. C. Castoriadis, L’exigence révolutionnaire , in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp.  364-5. Si leggano anche alcune affermazioni inequivocabili in C. Castoriadis, La cité et ls lois, op. cit., pp. 199-200/219 o in C. Castoriadis, Des guerres en Europe, in C. Castoriadis, Une société à la Dérive, op. cit., p. 114. Sul « noi » si legga anche C. Castoriadis, La crise du processus identificatoire, in Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., pp. 128-9. Per comprendere cosa intendo per “potenziamento del sociale-storico” si legga, per esempio, quando Castoriadis ammette che la socialità e la storicità sono due valori di una società autonoma in C. Castoriadis, Transformation sociale et création culturelle, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., p. 438. Oppure quando afferma che società e storicità sono condizioni trascendentali e matrici ontologiche della verità in C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 437. Per una maggiore comprensione si legga Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, op. cit., pp. 156-201.
  30. Si vedano, per esempio, C. Castoriadis, La pensée politique, in Cornelius Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, op. cit., pp. 290-1;   C. Castoriadis, La cité et les lois, op. cit., p. 236; C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., p. 28; C. Castoriadis, Anthropologie, philosophie, politique, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 121.
  31. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, Ed. du Seuil, Paris 1975, pp. 150-58.
  32. C. Castoriadis, De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., p. 104. Una chiara definizione di questo rapporto si trova in C. Castoriadis, Psychanalise et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 149.  La consapevolezza di questa dinamica è già presente all’inizio tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ‘70. Si legga, per esempio, C. Castoriadis, Introduction générale à la réédition en « 10/18 », in Cornelius Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 1, op. cit., p. 370.
  33. C. Castoriadis, Illusion et vérité politiques, in Cornelius Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2, op. cit., p. 73 ; C. Castoriadis, La cité et ls lois, op. cit., pp. 102/199-200.
  34. C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 280 e C. Castoriadis, Anthropologie, philosophie, politique, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 120.
  35.  “Sono degli individui individuati, non degli esemplari d’una tribù o di una nazione. Ma per creare degli individui individuati, c’è bisogno di una società individuante. Le società eteronome e tradizionali non sono individuanti. Sono uniformizzanti, collettivizzanti.” C. Castoriadis, De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., p. 104.
  36. C. Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, op. cit., p. 43 e C. Castoriadis, Tavola rotonda dal titolo La singularité du modèle occidental, pp. 9-10 della trascrizione (presente negli Archivi Castoriadis).
  37. Carl Gustav Jung, Coscienza, inconscio e individuazione, Bollati Boringhieri, Torino 1985; Henri F. Hellenberger, La scoperta dell’Inconscio. Storia della psichiatria dinamica vol. II, Paolo Boringhieri, Torino 1976, pp. 759-866; Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicanalisi. Autori opere teorie 1895-1990, Mondadori, Milano 1986, pp. 131-48.
  38. Tale equilibrio conflittuale significa che, sul piano psichico, non può avvenire una eliminazione del conflitto tra istanze nonostante il cambiamento che avviene nel modo di relazionarsi tra loro. Si legga quello che Castoriadis scrive esplicitamente a tale proposito in C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 145.
  39. Non è un caso che il nostro filosofo sostiene che il progetto d’autonomia si realizza con il riassorbimento del politico da parte della politica. In proposito si leggano C. Castoriadis, Pouvoir, politique, autonomie, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 139 ; C. Castoriadis, imaginaire politique grec et moderne La démocratie comme procedure et comme régime, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., pp. 160/162 e 224-5; C. Castoriadis, Fait et à faire, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., pp. 62-72.
  40. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., p. 115.
  41. C. Castoriadis, La praxis et les racines du projet révolutionnaire in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 1, op. cit., p. 244 e C. Castoriadis, Spécificité et crise des sociétés occidentales, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2, op. cit., p. 142. Ma anche C. Castoriadis, La crise du processus identificatoire, in Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 128.
  42. Vincent Descombes, Exercices d’humanité-dialogue avec Philippe De lara, Ed. Jean Paul Mongin, Paris 2013, pp. 163/168/(50-55). Tutto ciò viene evocato anche quando Descombes sostiene che il concetto di autorità politica è possibile solo con la formazione dell’unità politica.
  43. Castoriadis rimprovera giustamente alla Arendt di non avere considerato l’aspetto materiale del mondo pre-politico e dell’azione politica. In sostanza la diseguaglianza del potere all’interno della sfera politica che si genera come espressione del mondo pre-politico e le finalità extra-politiche a cui tale pratica collettiva mira. Sul “dialogo” con la Arendt si legga, per esempio, C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., pp. 162-5; C. Castoriadis, La cité et ls lois, op. cit., pp. 80/106/158-9; C. Castoriadis, La polis grecque et la création de la démocratie, in C. Castoriadis, Domaines de l’homme, op. cit., pp. 292-306.
  44. Hannah Arendt, Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano 1998, pp. 130/153. Si leggano anche le pagine 31/131/136-7/145-8/150/153/180. Ma la politica per la Arendt, come per Castoriadis, crea il mondo comune. Hannah Arendt, Che cos’è la politica? , Einaudi, Torino, 2006, p. 83.
  45.  “L’abnegazione, non come virtù, ma come senso della nessuna importanza del proprio io, della sua sacrificabilità, divenne un fenomeno di massa che non aveva più a che vedere con l’idealismo individuale” Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Einaudi, Torino 2004, p. 437. Si leggano anche le pagine 438/448/453/623/653.
  46. In fondo è lo stesso Castoriadis che, nella sua analisi critica della società contemporanea, lamenta la crisi del processo di identificazione di un “Sé” allo stesso tempo individuale e sociale che passava per dei luoghi, delle istituzioni sociali, tradizionali. Si legga a questo proposito C. Castoriadis, La crise du processus identificatoire, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., pp. 126-7.
  47. Anche la Arendt sostiene che il pensiero si crea solo a partire dal punto di vista dell’altro. Hannah Arendt, Teoria del giudizio politico, Il melangolo, Genova 2005, p. 113.
  48. C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 80.
  49. C. Castoridis, La démocratie comme procédure et comme régime, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 234.
  50. C. Castoridis, Le cache-misère de l’étique, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., pp. 219-20.
  51. C. Castoridis, La démocratie comme procedure et comme régime, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p, 225.
  52. C. Castoriadis, Socialisme et société autonome, Sur le contenu du socialisme I, Discussion avec les militants du Psu La source hongroise, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 26/41/88/289/400 e C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., pp. 250-51.
  53. C. Castoriadis, La cité et les lois, op. cit., p. 211 e C. Castoriadis, La pensée politique, in Cornelius Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, op. cit., p. 293.
  54. C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., p. 70.
  55. C. Castoriadis, Séminaire: totalitarisme, dictature, démocratie, sempre presente negli archivi.
  56. C. Castoriadis, Sur l’orientation de la propagande, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 1, op. cit., p. 97 e C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., pp. 73-4.
  57. C. Castoriadis, Seminario del 13 Gennaio del 1993 e Seminario del 31 Marzo del 1993, Archivio Castoriadis, pp. 1/1. Questi, come altri inediti, permettono di cogliere meglio la relazione critica di Castoriadis con Freud, di approfondire la questione centrale dell’istinto di morte in relazione alla Monade psichica, e di trovare delle idee rivelatrici anche sul terreno della psicanalisi, di cui continueremo a dare conto nel limite di spazio di questo articolo.
  58. C. Castoriadis, Psychanalyse et Philosophie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., pp. 142-54.  La sintesi che troviamo in queste pagine è la migliore testimonianza di quali siano gli apporti della psicanalisi alla filosofia e alla riflessione  che hanno un debito diretto con la disciplina analitica. Si legga anche quanto il nostro filosofo scrive sulla psicanalisi come disciplina filosofica in C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., pp. 65/71. Si legga anche quanto afferma in uno dei suoi seminari: C. Castoriadis, Seminario del 11 Gennaio del 1995, Archivio Castoriadis, p.15.
  59. C. Castoriadis, Freud, la société, l’histoire, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 140.
  60. C. Castoriadis, Seminario del 31 Marzo del 1993, Archivio Castoriadis, p. 6.
  61. C. Castoriadis, Pas de démocratie sans sujet autonome/psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 11.
  62. C. Castoriadis, C. Castoriadis en Chile. El laberinto contemporáneo: Sociedad, Individuo, Cultura (documento de trabajo n.1), Archivi Castoriadis, p. 40.
  63. C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., pp. 50-51.
  64. Emanuele Profumi, L’autonomia possibile. Introduzione a Castoriadis, op. cit., p. 54.
  65. C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., pp. 152-53.
  66. C. Castoriadis, Discours de l’autre, in C. Castoriadis, C11 (Archivi Castoriadis), p. 4.
  67. C. Castoriadis, Lacan, in C. Castoriadis, C11 (Archivi Castoriadis), p. 3 e C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., pp. 190-97 e 400-92. In effetti, il primo Lacan rivendica esplicitamente quanto criticato sul primato del simbolico sull’immaginario, inconscio e psicanalisi. Basta leggere Jacques Lacan, Ecrits I, Editions du Seuil, Paris 1999, pp.462/471/494; Jacques Lacan, Il seminario Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi 1954-1955, Einaudi, Torino 2006, p. 297; Jacques Lacan, Il seminario Libro III. Le psicosi 1955-1956, Einaudi, Torino 2010, p.. 137/185. Lacan rivendica apertamente, in uno degli incontri dove probabilmente Castoriadis era presente, che l’inconscio di Freud non si può ridurre a creazione immaginante, ribadendo che la psicanalisi è una scienza dell’inconscio. In questo caso di legga Jacques Lacan, Il seminario Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicanalisi 1964, Einaudi, Torino 1979, pp. 25/207.
  68. C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 103. Si legga anche la nota 81 presente in Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, op. cit., p. 53.
  69. C. Castoriadis, A nouveau sur la Psyche et la société, in C. Castoriadis, Figures du pensable, Ed. su Seuil, Paris 1999, pp. 255-6.
  70. C. Castoriadis, La construction du monde dans la psychose, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., pp.114-16.
  71. In questo senso mi avvicino alla posizione espressa da Gerassimos Stephanatos, che considera l’impresa castoriadisiana come la realizzazione di un quadro ontologico e meta psicologico che permetta di ripensare la psicanalisi. In Gerassimos Stephanatos, Repenser la psyché et la subjectivité avec Castoriadis, in (eds.) Sophie Klimis et Laurent Van Eynde, Psyché, de la monade psychique au sujet autonome. Cahiers Castoriadis n.3, Facultés universitaires Saint Louis, Bruxelles 2007, pp.118-124.
  72. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., p. 143; C. Castoriadis, De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., pp. 86-90; C. Castoriadis, une trajectoire singulière, in C. Castoriadis, Une société à la dérive, op. cit., p. 274; C. Castoriadis,  Seminario 3 Marzo 1993, Archivi Castoriadis, p. 4; C. Castoriadis, Conferenza del 3 Novembre del 1983, Archivi Castoriadis, p.48.
  73. C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 147 e Psychoanalysis and the Project of Autonomy, Archivi Castoriadis, p. 8.
  74. C. Castoriadis,  Seminario 3 Marzo 1993, Archivi Castoriadis, p. 8.
  75. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., pp. 400-92 ; C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, p. 1 ; C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 75.
  76. C. Castoriadis, Discours de l’autre, in C. Castoriadis, C11 (Archivi Castoriadis), p. 4 ; C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 75.
  77. C. Castoriadis, Freud, la société, l’histoire, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 152; C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 105; C. Castoriadis, C. Castoriadis en Chile. El laberinto contemporáneo: Sociedad, Individuo, Cultura (documento de trabajo n.1), Archivi Castoriadis, p.36.
  78. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., p. 401 e C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., pp. 130-31.
  79. Sull’aporia della Psiche singolare per Freud si legga C. Castoriadis, Seminario del 6 Gennaio del 1993, Archivi Castoriadis, p. 11. Sul problema dell’ominizzazione per Freud, si legga C. Castoriadis, Seminario del 27 Gennaio del 1993, Archivi Castoriadis, p. 13.
  80. C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 103.
  81. Sulla critica all’edonismo freudiano si legga C. Castoriadis, Seminario del 26 Gennaio del 1994, Archivi Castoriadis, p. 7. Sul sogno si leggano C. Castoriadis, Seminario del 7 Dicembre del 1994 Seminario 11 Gennaio del 1995, pp. 20 e 23.
  82. Castoriadis, come altri pensatori, rimprovera a Freud il suo approccio positivista, il dualismo Mente-Corpo, e la visione patriarcale delle donne: C. Castoriadis, De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., pp. 89-90.
  83. Sull’interpretazione del complesso edipico per Castoriadis, si legga, per esempio, C. Castoriadis, Psychanalyse et Société I, in C. Castoriadis, Domaines de l’homme, op. cit., pp. 45-6. Ma anche quanto afferma circa una prima castrazione portata dalla madre, in C. Castoriadis, Pas- Question ouvertes seminaire 1992-93, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 11. Sull’ambiguità e insufficienza dell’idea di ragione freudiana alla base dei ragionamenti consci e inconsci, si legga C. Castoriadis, L’Etat du sujet aujourd’hui, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., pp. 209-10.  Sul fatto di lavorare sul materiale attuale, e sul presente del paziente, si legga C. Castoriadis, Psychanalyse et Société I, in C. Castoriadis, Domaines de l’homme, op. cit., p. 39.
  84. C. Castoriadis, De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., pp. 90/92 e Pas- Question ouvertes seminaire 1992-93, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, pp. 8/11.
  85. C. Castoriadis, Conferènce de Londre, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 5.
  86. C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., pp. 103-4.
  87. Sul rapporto tra Io ed Es si leggano principalmente C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., pp. 150-58; C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., pp. 143-4.
  88. C. Castoriadis, Seminario del 7 Dicmebre del 1994, Archivi Castoriadis, pp. 20-1 e, per esempio, C. Castoriadis, A nouveau sur la Psyche et la société, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 249.
  89. Ibid, pp. 12/ 23-8. Su Freud e la pulsione di morte si leggano anche C. Castoriadis, Seminario del 3 Marzo del 1993 Seminario del 31 Marzo del 1993, Archivi Castoriadis, pp. 7/7. Si legga anche quanto afferma sulla monade e sulla bisessualità in C. Castoriadis, Seminario del 24 Aprile del 1993, Archivi Castoriadis, pp. 8-9.
  90. C. Castoriadis, Seminario del 3 Marzo del 1993, Archivi Castoriadis, p. 7.
  91. C. Castoriadis, Seminario del 26 Gennaio del 1994, Archivi Castoriadis, pp. 8/19/24.
  92. C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, p. 2. Castoriadis condivide con Piera Aulagnier il fatto che l’angoscia di morte preceda l’angoscia di castrazione, e sia espressione di una forza distruttrice. Si legga Piera Aulagnier, La violence de l’interpretation, Puf, Paris 1975, p. 63. A differenza di quanto affermi Sophie Klimis, Castoriadis non rielabora il modello metapsicologico a partire da quanto tracciato dall’Aulagnier, né considera la monade una semplice ipotesi scientifica o una figura del pensiero: la monade è un postulato necessario per spiegare molti fenomeni e comprendere diversi problemi dell’essere umano e della società contemporanea, oltre che risultare coerente dal punto di vista logico e ontologico, mentre con la Aulagnier, come dimostro più avanti, il greco-francese instaura un dialogo che lo porta ad accettare, rielaborandole, alcune tesi principali della psicanalista francese, ma senza partire da lei, bensì da un confronto diretto con Lacan e Freud. Si legga Sophie s, Décrire l’irreprésentable, ou comment dire l’indicible originaire, in (eds.) Sophie Klimis et Laurent Van Eynde, Psyché, de la monade psychique au sujet autonome. Cahiers Castoriadis n.3, op. cit., pp. 25-54.
  93. C. Castoriadis, Les racines psychiques et sociales de la haine, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 185; C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., pp. 426-37; C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., pp. 20/88.
  94. C. Castoriadis, On psychoanalisis, talmudism and anything-goism, in Bter 6, Archivi Castoriadis, p. 13.
  95. C. Castoriadis, A nouveau sur la Psyche et la société, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 247.
  96. Ibid., pp. 248-9 e C. Castoriadis, Seminario del 3 Marzo del 1993, Archivi Castoriadis, p.3. Si legga anche quanto afferma in C. Castoriadis, Intervista a Castoriadis del 14/10/91, Archivi Castoriadis, p. 4. C. Castoriadis, Pas- Question ouvertes seminaire 1992-93, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 4.
  97. C. Castoriadis, Pas- Question ouvertes seminaire 1992-93, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 4.
  98. C. Castoriadis, Correspondance avec Furth, in C. Castoriadis, in Ebis 5, Archivi Castoriadis, p. 3.
  99. C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, p. 3 e C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 143.
  100. C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., pp. 36-8/53/56-7;  C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., pp. 140/157; C. Castoriadis, L’Etat du sujet aujourd’hui, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., pp. 211/214 ; C. Castoriadis, De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., p. 100; C. Castoriadis, La psychanalyse : situation et limites A nouveau sur la Psyche et la société,  in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., pp.237/253;  C. Castoriadis, Seminario del 31 Marzo del 1993, Archivi Castoriadis, p. 8;  C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, p. 3.
  101. C. Castoriadis, La psychanalyse : situation et limites,  in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 234.
  102. C. Castoriadis, Freud, la société, l’histoire, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 142; C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 134; C. Castoriadis, On psychoanalisis, talmudism and anything-goism, in Bter 6, Archivi Castoriadis, p.12; l Il greco-francese delinea con chiarezza lo statuto della psicanalisi, teorico e pratico, poco prima della sua morte: si legga C. Castoriadis, La psychanalyse : situation et limites,  in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., pp. 221-32.
  103. C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 146; C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., pp. 110/131/150.
  104. C. Castoriadis, L’exigence révolutionnaire , in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., p. 331 ; C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 44 ; C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, p. 13.
  105. C. Castoriadis, La psychanalise et le projet d’autonomie, Archivi Castoriadis, p. 3 ; C. Castoriadis, On psychoanalisis, talmudism and anything-goism, in Bter 6, Archivi Castoriadis, p. 7.
  106. C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 145.
  107. C. Castoriadis, Pas de démocratie sans sujet autonome/psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Bbis A5, p. 9 ; C. Castoriadis, Seminario del 31 Marzo del 1993, Archivio Castoriadis, p. 10.
  108. C. Castoriadis, A nouveau sur la Psyche et la société,  in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 257 e C. Castoriadis, Psychanalyse et société II, in Domaines de l’homme, op. cit, p. 102.
  109. C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, p. 5 ; C. Castoriadis, Pas de démocratie sans sujet autonome/psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Bbis A5, p. 8.
  110. C. Castoriadis, La psychanalise et le projet d’autonomie, Archivi Castoriadis, p. 16.
  111. C. Castoriadis, Dialogue, Editions de l’Aube, Paris 1999, pp. 42/44/47.
  112. C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 61 e C. Castoriadis, La psychanalyse : situation et limites, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 227.
  113. C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., pp. 142-3 e C. Castoriadis, La psychanalise et le projet d’autonomie, Archivi Castoriadis, p. 16.
  114. C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., pp. 150-2 e C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 144.
  115. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., pp. 150-58 e C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 112.
  116. C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 148 e C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 150.
  117. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., pp. 150-58 ; C. Castoriadis, La psychanalyse : situation et limites,  in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p.231 ; C. Castoriadis, Psychanalyse et société II, in Domaines de l’homme, op. cit, p. 102 ; C. Castoriadis, La psychanalise et le projet d’autonomie, Archivi Castoriadis, p. 9.
  118. C. Castoriadis, La psychanalise et le projet d’autonomie, Archivi Castoriadis, p. 4; C. Castoriadis, Seminario del 26 Gennaio del 1994, Archivi Castoriadis, p. 23; C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 145.
  119. C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 43 ; C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 110 ; C. Castoriadis, L’Etat du sujet aujourd’hui, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 191-2.
  120. C. Castoriadis, Freud, la société, l’histoire, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 152.
  121. C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 146 ; C. Castoriadis, La psychanalyse : situation et limites,  in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., pp. 229-30 ; C. Castoriadis, On psychoanalisis, talmudism and anything-goism, in Bter 6, Archivi Castoriadis, p. 7;  C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, p. 13 ; C. Castoriadis, Psyche et éducation, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 212.
  122. C. Castoriadis, Autour de la montée de l’insignifiance : entretiens 1996, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2. Ecrits politiques 1945-1997, op. cit., p. 622; C. Castoriadis, La psychanalise et le projet d’autonomie, Archivi Castoriadis, p. 6.
  123. C. Castoriadis, Psychanalysis et philosophie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., p. 154.
  124. C. Castoriadis, C. Castoriadis en Chile. El laberinto contemporáneo: Sociedad, Individuo, Cultura (documento de trabajo n.1), Archivi Castoriadis, p. 40; C. Castoriadis, Autour de la montée de l’insignifiance : entretiens 1996, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2. Ecrits politiques 1945-1997, op. cit., p. 623; C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 145.
  125. C. Castoriadis, Les racines psychiques et sociales de la haine, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., pp. 186/196 ; C. Castoriadis, La psychanalyse : situation et limites, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 236 ; C. Castoriadis, Des guerres en Europe, in C. Castoriadis, Une société à la Dérive, op. cit., p. 121 ; C. Castoriadis, Le grand Sommeil, Archivi Castoriadis, pp. 20/22 ; C. Castoriadis, Intervista a Castoriadis del 14/10/91, Archivi Castoriadis, p. 4.
  126. C. Castoriadis, Histoire et création. Textes philosophiques inédits (1945-1967), op. cit., p. 186 e C. Castoriadis, Psychanalyse et société II, in Domaines de l’homme, op. cit, p. 100. Come sottolinea anche Aurélien Liarte, Psyché et société : la consistence imaginaire du social (et ses limites), in (eds.) Aurélien Liarte, Philippe Georges, Imaginer avec Castoriadis, in LeseditionsOvadia, Nice 2013, pp. 86-7.
  127. C. Castoriadis, Les racines psychiques et sociales de la haine, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 183 e C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., pp. 94/106.
  128. C. Castoriadis, Epilégomènes à une théorie de l’âme que l’on a pu présenter comme science, C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 73; C. Castoriadis, Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., p. 147; C. Castoriadis, La psychanalise et le projet d’autonomie, Archivi Castoriadis, p. 8/16-17.
  129. C. Castoriadis-John Searle-Ronald de Sousa, Thinking about desire, Archivi Castoriadis, p. 61; C. Castoriadis, Conferènce de Londre, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 15; C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 152.
  130. Per avere un quadro d’insieme di quanto appena sostenuto si legga la buona sintesi presente in Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicanalisi. Autori opere teorie 1895-1990, op. cit., pp. 172-99/294-312/324/344.
  131. Lacan afferma chiaramente che emancipazione e libertà sono estranee alla finalità analitica. Si legga in proposito Jacques Lacan, Ecrits I, op. cit., pp. 175/181 e Jacques Lacan, Il seminario Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi 1954-1955, op. cit., p. 100. Sul predominio del principio di piacere nella vita psichica, come portato essenziale dell’insegnamento freudiano, a cui Castoriadis si oppone ferocemente, come abbiamo visto,  si legga invece Jacques Lacan, Il seminario Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi 1954-1955, op. cit., pp. 70-1/76/99; Jacques Lacan, Il seminario Libro III. Le psicosi 1955-1956, op. cit., p. 98.
  132. Sulla negatività, il narcisismo e la pratica analitica rivolta al chiarimento del desiderio e sulla dinamica della mancanza, si leggano Jacques Lacan, Ecrits I, op. cit., pp. 141/277-8/291-2/316/452; Jacques Lacan, Il seminario Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi 1954-1955, op. cit., pp. 106/118/122-3/157/193/241/263; Jacques Lacan, Il seminario Libro III. Le psicosi 1955-1956, op. cit., pp. 107; Jacques Lacan, Il seminario Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicanalisi 1964, op. cit., pp. 156/185/209.
  133. Sulle assonanze con Mach si legga Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, op. cit. p. 59. Di Lacan si leggano, invece, Jacques Lacan, Il seminario Libro III. Le psicosi 1955-1956, op. cit., pp. 226/320/346 e  Jacques Lacan, Il seminario Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicanalisi 1964, op. cit., pp. 253-4.
  134. Jacques Lacan, Ecrits I, op. cit., pp. 465-6; Jacques Lacan, Il seminario Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi 1954-1955, op. cit., p. 168; Jacques Lacan, Il Seminario Libro V, Le formazioni dell’inconscio 1957-1958, Einaudi, Torino 2004, p. 367; Jacques Lacan, Il seminario Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicanalisi 1964, op. cit., pp. 214-5/253/255-6.
  135. Jacques Lacan, Il Seminario Libro V, Le formazioni dell’inconscio 1957-1958, op. cit., pp. 141; Jacques Lacan, Il seminario Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicanalisi 1964, op. cit., pp. 127/210/250.
  136. Jacques Lacan, Ecrits I, op. cit., p. 120; Jacques Lacan, Il seminario Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi 1954-1955, op. cit., pp. 111-12/203/217; Jacques Lacan, Il seminario Libro III. Le psicosi 1955-1956, op. cit., pp. 97/107; Jacques Lacan, Il Seminario Libro V, Le formazioni dell’inconscio 1957-1958, op. cit., pp. 304-5/330.
  137. Piera Aulagnier, La violence de l’interpretation, op. cit., pp. 20/33-4/39/45/52.
  138. Ibid., pp. 48-9/52-3/55-61/69/75-7.
  139. Alice Pechriggl, Psyché-soma ou manade psychique: difficile liberté entre institution imaginaire et in corporation culturelle,  in (eds.) Sophie Klimis et Laurent Van Eynde, Psyché, de la monade psychique au sujet autonome. Cahiers Castoriadis n.3, op. cit., pp. 55-85.
  140. Sigmund Freud, Psicologia delle masse ed analisi dell’Io, in Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, Bollati Boringhieri, Torino 2003, p. 291.
  141. Sigmund Freud, Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, in Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, Bollati Boriinghieri, Torino 2000, p.  130;  Sigmund Freud, Psicologia delle masse ed analisi dell’Io, in Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., pp. 262/292; Sigmund Freud, Il disagio della civiltà, in Sigmund Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri saggi 1924-1929, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp.590-1/597/619.
  142. Lo afferma, nonostante sostenga che l’amore di sé non potrà mai essere integrale, ossia ammettendo che la Psiche non può più raggiungere lo stato ultranarcisistico iniziale. Il che significa che, sin dalla sua prima e precoce rottura, la psiche non può semplicemente investire su di sé. A tal proposito legga, per esempio, C. Castoriadis, Seminario del 26 Gennaio del 1994, Archivi Castoriadis, p. 24.
  143.  “Dire che la psiche ha delle disposizioni di socializzazione, sarebbe precisamente negare ciò che è proprio dello psichico, ovvero: negare questo egocentrismo fondamentale; negare l’onnipotenza magica della psiche; negare l’ignoranza del tempo e l’ignoranza della contraddizione; negare la maniera assolutamente aberrante, dal punto di vista della logica usuale, di incatenare le rappresentazioni le une con le altre, etc.” C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, p. 2.
  144. Arnold Gehlen, Prospettive antropologiche, Il Mulino, Bologna 2005.
  145. Piera Aulagnier, La violence de l’interpretation, op. cit., p. 187; Jacques Lacan, Ecrits I, op. cit., pp. 274-5, ma soprattutto 276.
  146.  “Il “padre simbolico” è un’espressione vuota. C’è bisogno di una legge impersonale. Lacan dice: “la legge, è il desiderio dell’altro”. È l’enunciato d’un bebé, è effettivamente così che i bebés si rappresentano le cose. Aristotele, che ne capiva di più, scriveva: “La legge è un pensiero senza desiderio”. In effetti, affinché ci sia Legge e comunità, non è sufficiente che la relazione duale madre-bambino sia distrutta/superata dalla relazione triangolare o edipica, bisgona che quest’ultima sia distrutta/superata dal riferimento alla Legge e alla collettività.” C. Castoriadis, Pas de démocratie sans sujet autonome/psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, pp. 11-12. Sulla critica a Freud si legga C. Castoriadis, Pas- Question ouvertes seminaire 1992-93, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 13. Castoriadis ritiene che questa legge impersonale sia anche uno dei presupposti alla nascita dell’autonomia nell’antica Grecia: C. Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, op. cit., p. 115.
  147. Lacan schiaccia l’Io sull’Es, nel senso che ne fa uno degli elementi del discorso inconscio, e facendo dell’analisi una cura che mira a dare la parola all’Es dopo aver chiarito al soggetto il proprio Io. L’Io non è più sintesi o mediazione delle altre istanze (Es, Super-Io, Coscienza). Ecco perché la correzione di Castoriadis può essere letta come un tentativo di sintetizzare una delle proposte dell’ultimo Freud con quella lacaniana, che in effetti parla chiaramente di fare sorgere il Soggetto (inconscio) dove era l’Io. Si legano a tale proposito: Jacques Lacan, Il seminario Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi 1954-1955, op. cit., pp53/284-5; Jacques Lacan, Il seminario Libro III. Le psicosi 1955-1956, op. cit., pp. 155/167; Jacques Lacan, Il seminario Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicanalisi 1964, op. cit., pp. 46/84.
  148. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit, p. 151 e C. Castoriadis, La psychanalyse, projet et élucidation, in C. Castoriadis, Les carrefours du labyrinthe 1, op. cit., p. 129.
  149. Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’IoQualche parola sull’inconscio,  L’Io e l’Es, in Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., pp. 297/317/467/486/488-90/500/502/514/ 517.
  150. Sigmund Freud, Il metodo psicoanalitico freudiano, in Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale e altri scritte 1900-1905, Bollati Borignhieri, Torino 2002, pp. 408/411. Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi Una difficoltà della psicoanalisi, in Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, op. cit., pp. 441/658. Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’IoNevrosi e psicosi, in Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., pp.326/613-4.
  151. Sigmund Freud, Il disagio della civiltà, in Sigmund Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri saggi 1924-1929, op. cit., p. 628; Sigmund Freud, L’Io e l’Es, in Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., p. 517.
  152. Sigmund Freud, Psicanalisi, in Sigmund Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri saggi 1924-1929, op. cit., p. 226.
  153. Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io, L’Io e l’Es, in Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., p. 302/488. ; Sigmund Freud, L’avvenire di un’illusione, in Sigmund Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri saggi 1924-1929, op. cit., pp.560/571.
  154. Come dimostrato in Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, op. cit., pp. 202-17 o Emanuele Profumi, Castoriadis et les présupposés de la creation politique. Une réflexiòn sur la signification de solidarité chez Castoriadis in (eds.) Philippe Caumière, Sophie Klimis, Laurent Van Eynde, Praxis et institution. Cahiers Castoriadis n. 4, Saint Louis Facultés Universitaires, Bruxelles 2008, pp. 55-76 e, infine, in Emanuele Profumi, Sulla creazione politica. Critica filosofica e rivoluzione, op. cit., pp. 80-6.
  155. Piera Aulagnier, La violence de l’interpretation, op. cit., p. 210. Castoriadis si avvicina molto alla Aulagnier, ma senza mai assumere quanto stiamo evidenziando. Si legga per esempio C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 102.
  156. Arrivo, in modo diverso, ad una conclusione analoga in Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, op. cit., pp. 221-231.
  157. C. Castoriadis, Autour de la montée de l’insignifiance : entretiens 1996, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2. Ecrits politiques 1945-1997, op. cit., pp. 374/387.
  158. C. Castoriadis, Freud, la société, l’histoire, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 152.
  159. Emanuele Profumi, Cornelius Castoriadis e la creazione politica, op. cit., pp. 217-21. Sul binomio autonomia-solidarietà si vedano le pagine da 221 a 231.
  160. C. Castoriadis, La cité et ls lois, op. cit., p. 214;  C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., pp. 221;  C. Castoriadis, Quelle démocratie ? : discussion, in Cornelius Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2, op. cit., p. 440.
  161. C. Castoriadis, Psychanalyse et Société I, in C. Castoriadis, Domaines de l’homme, op. cit., p. 41; C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., pp. 250/288/302/324; C. Castoriadis, Pouvoir, politique, autonomie Psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., pp. 139/150 ; C. Castoriadis, Post-scriptum sur l’insignifiance, Editions de l’Aube, Paris 1998, p. 25; C. Castoriadis, Autour de la montée de l’insignifiance : entretiens 1996, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2. Ecrits politiques 1945-1997, op. cit., p. 623.
  162. Lo stesso Castoriadis usa questo termine in C. Castoriadis, imaginaire politique grec et moderne, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 174.
  163. C. Castoriadis, L’institution imaginaire de la société, op. cit., p. 159 ; C. Castoriadis, Socialisme et société autonome, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., p. 19; C. Castoriadis, Psychanalyse et Société I, in C. Castoriadis, Domaines de l’homme, op. cit., pp. 46-7; Cornelius Castoriadis, Ce qui fait la Grèce, op. cit., pp. 63 e 161; C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., pp. 72/95/196 ; C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., pp. 157/192/237 ; C. Castoriadis, Fait et à faire De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., p. 101; C. Castoriadis, La psychanalyse : situation et limites A nouveau sur la Psyche et la société,  in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., pp. 230/257; C. Castoriadis, Autour de la montée de l’insignifiance: entretiens 1996, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2. Ecrits politiques 1945-1997, op. cit., p. 604; C. Castoriadis, Dialogue, op. cit., p. 51; C. Castoriadis, Seminario del 26 Gennaio del 1994, Archivi Castoriadis, p. 28.
  164. C. Castoriadis, Histoire et création. Textes philosophiques inédits (1945-1967), op. cit., p. 199;  C. Castoriadis, Thucydide, la force et le droit, op. cit., pp. 58/60; C. Castoriadis, Dialogue, op. cit., p. 54; C. Castoriadis, Sur l’orientation de la propagande, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 1, op. cit., p. 94; C. Castoriadis, Seminario del 6 Febbraio 1991, Archivio Castoriadis, p. 16; C. Castoriadis, Crise du marxisme et crise de la politique, Archivi Castoriadis, p. 8.
  165. C. Castoriadis, « Quelle démocratie ? »: Discussion, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2. Ecrits politiques 1945-1997, op. cit., p. 451.
  166. C. Castoriadis, Autour du Monde Morcelé : entretiens 1990-1991 Autour de la montée de l’insignifiance: entretiens 1996, in C. Castoriadis, Quelle démocratie? Tome 2. Ecrits politiques 1945-1997, op. cit., pp. 387 e 625.
  167. C. Castoriadis, L’exigence révolutionnaire , in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., pp. 327/330; C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., pp. 58/205 ; C. Castoriadis, Pouvoir, politique, autonomie, in C. Castoriadis, Le monde morcelé, op. cit., pp. 132/138; C. Castoriadis, imaginaire politique grec et moderne La démocratie comme procedure et comme régime, in C. Castoriadis, La montée de l’insignifiance, op. cit., p. 177; C. Castoriadis, De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., p. 107 ; C. Castoriadis, Une trajectoire singulière , in C. Castoriadis, Une société à la dérive, op. cit., p. 274 ; C. Castoriadis, Seminario del 17 Marzo 1993, Archivi Castoriadis, p.10 ; C. Castoriadis,  Convegno di Roma del 3-4-5 Febbraio del 1994, p. 2 ; C. Castoriadis, Pas de démocratie sans sujet autonome/psychanalyse et politique, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 8/10.
  168. Massimo Recalcati, L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, Cortina editore, Milano 2010, pp. 3-26.
  169. Sigmund Freud, L’avvenire di un’illusione, in Sigmund Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri saggi 1924-1929, op. cit., p. 439.
  170. C. Castoriadis, Conférence: Psychanalyse et Politique du 1991, Archivi Castoriadis, pp. 11 e Pas- Question ouvertes seminaire 1992-93, in C. Castoriadis, B Bis A5, Archivi Castoriadis, p. 4.
  171. C. Castoriadis, C. Castoriadis en Chile. El laberinto contemporáneo: Sociedad, Individuo, Cultura (documento de trabajo n.1), Archivi Castoriadis, p.38 e C. Castoriadis, Seminario del 31 Marzo 1993, Archivi Castoriadis, p. 5.
  172. C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., p. 172.
  173. Eugène Enriquez, Le processus de sublimation dans la société, in Temps moderne, Juin-Juillet-Aout, Paris 2000, p. 125.
  174. Sigmund Freud, Psicopatologia della vita quotidiana, in Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale e altri scritte 1900-1905, op. cit., pp. 210/212; Sigmund Freud, L’Io e l’Es in Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., pp. 506-7; Sigmund Freud, Metapsicologia , in Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, op. cit., pp. 28/33-4; Sigmund Freud, Al di là del principio di piacere Il disagio della civiltà, in Sigmund Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri saggi 1924-1929, op. cit., pp. 229/247/605/607/619/626/630.
  175. Sigmund Freud, Metapsicologia Introduzione alla psicoanalisi, in Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, op. cit., pp. 34/90/567/568; Sigmund Freud, Il perturbanteAl di là del principio di piacereIl disagio della civiltà, in Sigmund Freud, Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., pp. 99/205-8/218/221-3/606.
  176. Sigmund Freud, Psicopatologia della vita quotidiana, in Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale e altri scritte 1900-1905, op. cit., p. 293; Sigmund Freud, Metapsicologia Introduzione alla psicoanalisi, in Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, op. cit., pp. 100/103/105/115-6/110/436; Sigmund Freud, Al di là del principio di piacere, in Sigmund Freud, Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., pp. 215/217.
  177. Sigmund Freud, Al di là del principio di piacere, in Sigmund Freud, Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., p. 219.
  178. Françoise Davoine et Jean-Max Gaudillière, Histoire et trauma. La follie des guerres, Editions Stock, Paris 2004, pp. 29/34/49/58/61/75-77/108/142/149/157-8/190/197-8/200-1/211/239/258/305.
  179. Olivier Fressard, La question de la validité pratique dans la pensée de Cornelius Castoriadis. Mémoire présenté en l’E.H.E.S.S., Archivi Castoriadis, Paris 1994, pp. 153-156/192-3.
  180. Jacques Lacan, Il seminario Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicanalisi 1964, op. cit., p. 272.
  181. C. Castoriadis, Les racines psychiques et sociales de la haine, in C. Castoriadis, Figures du pensable, op. cit., p. 185.
  182. C. Castoriadis, Transformation sociale et création culturelle, in Cornelius Castoriadis, Le contenu du socialisme, op. cit., p. 439 ; C. Castoriadis, La cité et ls lois, op. cit., p. 180 ; C. Castoriadis, Seminario del 24 Marzo 1993, Archivi Castoriadis, pp. 6-9.
  183. C. Castoriadis, Le grand Sommeil, Archivi Castoriadis, p. 17.
  184. Herbert Marcuse, Eros e Civiltà, Einaudi, Torino 2001, pp.52/55/61/73-86/90/102/105/122/133/140/166/172/177-80/191/209/215/219/222/225/250/257/266-80; Wilhelm Reich, “La rivoluzione sessuale”, Massari editore, Bolsena (vt) 2011, pp.27/33/157/212/287/304/322/363/64/376/381 e Wilhelm Reich, Individuo e Stato, Sugar Co Edizioni, Carnago (Varese) 1994, pp. 76-195 (soprattutto).
  185. Sigmund Freud, Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi Introduzione al narcisismo, in Sigmund Freud, Totem e tabù e altri scritti 1912-1914, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 372/455; Sigmund Freud, Considerazioni attuali sulla guerra e la morte Una difficoltà della psicoanalisi, in Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, op. cit., pp.130/659; Sigmund Freud, Psicologia delle masse ed analisi dell’Io, in Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, op. cit., pp. 282/292/311-2; Sigmund Freud, Il disagio della civiltà, in Sigmund Freud, Inibizione, sintomo e angoscia e altri saggi 1924-1929, op. cit., pp. 591-2/597.
  186. Fromm critica l’alienazione della società contemporanea rivendicando un ruolo di primo piano per l’Io nella lotta contro la società burocratizzata e conformista prodotta dal neo-capitalismo, che annichila l’autorità e l’individualità, facendo della virtù d’adattamento la virtù suprema della nuova società. Così come la mancanza di responsabilità e l’ignoranza segnano in profondità il tessuto delle relazioni umane. Davanti ad una realtà in cui è generalizzata la perdita di senso (insoddisfazione, apatia, noia, mancanza di gioia e felicità), la natura creativa dell’essere umano si ammala, e l’alienazione strutturale può essere contrastata, per Fromm, solo se si sviluppa una autentica democrazia e  un autogoverno dei lavoratori che si accompagna per il recupero della lucidità nei confronti della realtà e delle nostre paure. Erich Fromm, Psicanalisi della società contemporanea, Edizioni di Comunità, Milano 1960, pp. 34/49/76/79/81/124/137-8/149/153/157/168/170-3/194/197/204/205/208/220-1/297/315/327/352/355/363.
  187. Erich Fromm, Psicanalisi della società contemporanea, op. cit., pp. 47/81.
  188. Erich Fromm, Fuga dalla libertà, Edizioni di Comunità, Milano 1978, pp. 103-12/136/141/144/153/164/221/224-5 (soprattutto)/237.
  189. Si leggano, solo per fare alcuni esempi, C. Castoriadis, Conferenza del 3 Novembre del 1983, Archivi Castoriadis, p. 58; C. Castoriadis, Fait et à faire De la monade à l’autonomie, in C. Castoriadis, Fait et à faire, op. cit., p. 100; C. Castoriadis, Sujet et vérité dans le monde social-historique, op. cit., pp. 148/205; C. Castoriadis, Sur le politique de Platon, Ed. du Seuil, Paris 1999, p.169 ; C. Castoriadis, Des guerres en Europe, in C. Castoriadis, Une société à la Dérive, op. cit., p. 123.
  190. C. Castoriadis, Seminario del 3 Marzo del 1993, Archivi Castoriadis, p. 4.

  191. Hannah Arendt, Sulla violenza, Guanda Editore, Parma 1996, pp.42/5761/68/73/86/95.
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