Vittorio Hösle, “Il sistema di Hegel”, a cura di G. Stelli, La scuola di Pitagora editrice, Napoli 2012, pp. 822

Carla M. Fabiani

 

§1.   La trama e la prospettiva

 

Presentiamo all’attenzione dei lettori la recente traduzione italiana del testo di Hösle, Hegels System, già noto in ambito tedesco e anglosassone, pubblicato in seconda edizione nel 1998 e successivamente tradotto in portoghese e poi in coreano. L’approccio trascendentale proposto dall’A., al sistema enciclopedico hegeliano, ha esplicitamente lo scopo di vagliare analiticamente la tenuta del sistema, sia dal punto di vista della sua coerenza interna sia dal punto di vista della sua adeguatezza. La contraddizione di fondo rintracciata dall’A., soprattutto nell’ambito della filosofia reale di Hegel, concerne essenzialmente il problema dell’intersoggettività, voluta ma non pienamente realizzata da Hegel: “l’intersoggettività sembra essere, da un lato, la verità della soggettività e, dall’altro, una determinazione meramente contingente” (p. 15-16). D’altra parte nella logica e poi anche nel sistema complessivo, occorre rilevare non solo il tasso di coerenza interna, cioè quanto il sistema regga, ma anche quanto sia coerente con l’ambito esperienziale. Ciò che va indagata è la coerenza tra concetto ed esperienza, intesa quest’ultima nel senso del mondo della vita e dei diversi contenuti delle scienze particolari.

Il sistema hegeliano si presenta dunque come una comprensione ontologica della ragione, una ricostruzione delle strutture interne e fondative del pensiero, che contemporaneamente viene determinato e presentato nella forma della soggettività, sulla scia di Kant e di Fichte. Il pensiero – e grazie a esso la filosofia – è una struttura complessa, presupposta da ogni essere e da ogni conoscere, che non può essere in alcun modo negata nella sua consistenza, data la sua determinazione autoriflessiva, e perciò soggettiva (in senso forte). Sappiamo cioè, almeno da Cartesio, che il dubbio e/o la negazione del pensiero è pur sempre pensiero. Hegel, in questo senso, svolge compiutamente la struttura categoriale del processo autofondativo del pensiero.

La sistematica hegeliana però presenta alcune falle. La prima affiora nel passaggio dalla logica alla filosofia reale: se nella seconda il tema dell’intersoggettività è problematico ma evidente, nella prima è sostanzialmente assente. Le due parti del sistema poi non coincidono in quanto a svolgimento, sebbene Hegel assuma una perfetta corrispondenza tematica fra le due. L’A. ritiene che a questo proposito emerga una grave inconsistenza attribuibile per lo più alla logica: la sua incompiutezza, laddove risulti mancante proprio della categoria dell’ intersoggettività. A seguire e a causa di ciò, l’intero sistema pare oscillare tra una partizione triadica e una tetradica; e la logica di per sé assume a volte suddivisione dicotomica, a volte tricotomica. Contestualmente, a conclusione del percorso logico, Hegel rimanderebbe, in modo immediato e non pienamente svolto, all’istanza intersoggettiva, con l’introduzione dell’idea di Bene, salvo poi ricadere in un’identità soggetto-oggetto che tradirebbe quell’intenzione solo prima accennata.

Nell’ambito della filosofia reale, secondo l’A., è invece possibile rinvenire triadi configurate secondo il modello, a suo parere vincente e convincente, dell’ “oggettività-soggettività-intersoggettività”. E tuttavia a volte Hegel ricade, per così dire, nel vizio di anteporre la mera soggettività all’intersoggettività. Si pensi alla conclusione del percorso sullo spirito con lo spirito assoluto, il soggettivo puro e semplice. L’A. ritiene che, proprio a causa di queste ambivalenze, si sia spesso letto il sistema hegeliano come fondamentalmente teso a interpretare la realtà, anche quella pratica, secondo un approccio teoreticistico, di pura visione. Hegel realizzerebbe con ciò Platone. Ciò che fallisce in ogni caso è la relazione impostata e non compiuta fra l’istanza soggettiva e quella intersoggettiva. Sarebbe allora necessario, per dare ragione a Hegel, provare a riformularla, con altri termini, rinnovandola nel profondo.

Il lavoro svolto da Hösle si pone il compito di penetrare nelle maglie dello svolgimento sistematico hegeliano, per incoraggiare poi una linea di ricerca che, pur emancipandosi da alcuni contenuti per lo più datati della filosofia hegeliana, abbia il coraggio di compierla, di portarla a termine.

L’aspetto maggiormente provocatorio di Hegels System – come tiene a sottolineare lo stesso A. – è dato dal fatto che il pensiero di Hegel non viene riportato in modo dossografico, ma viene analizzato e vagliato alla luce dei risultati teorici a cui ci hanno condotto le scienze più recenti. L’intento, non da poco, è quello di rifondare l’idealismo oggettivo sulla base della scienza contemporanea.  Provare a sondare la tenuta metafisica e trascendentale del sistema, considerandolo come la conclusione di un percorso filosofico che si radica nell’Essere parmenideo e nell’idealismo platonico. D’altra parte, rispetto a tale prospettiva, viene penalizzato, anche a detta dello stesso A., il rapporto essenziale che Hegel intrattiene con il moderno – non solo con la triade Kant-Fichte-Schelling, ma anche con quella Cartesio-Spinoza-Leibniz – con un particolare deficit di riferimento a Spinoza, che invece, come si sa, venne di gran lunga privilegiato da Hegel.  Altro grande autore a cui Hegel si è spesso ispirato, soprattutto nei suoi Lineamenti, è Montesquieu, per ciò che concerne soprattutto l’istanza filosofico-sociale della filosofia del diritto, non disgiunta da quella, più di stampo kantiano,  giuridico-normativa. Sebbene le due non sempre convergano armonicamente.

Per ciò che concerne la letteratura secondaria, in sintonia con il suo approccio analitico, l’A. predilige la tradizione anglosassone più recente, da R. B. Pippin ad A. W. Wood, considerando datata o addirittura mal compresa la lettura adorniana di Hegel nella Dialettica negativa. In Hegel, oltre al significato, è la forma categoriale che conta, nonché il nesso che viene istituito fra le categorie ovvero fra i diversi concetti, in relazione anche al fatto che, a tutt’oggi, la teoria lockiana dell’origine esperienziale ed empirica del pensiero apparirebbe definitivamente fallita.

Un apprezzamento assai esplicito viene riservato dall’A. alla filosofia della natura di Hegel. Senza un’adeguata dialettica natura/spirito, anche oggi, trovandoci alle soglie di una vera e propria “catastrofe ecologica”, non possiamo far fronte alle molteplici e complesse problematiche che tutto ciò implica, anche dal punto di vista antropologico ed etico. Le scienze non guardavano e non guardano “all’intero della natura stessa”. La sfida che Hegel ci lancia, e che andrebbe raccolta, si gioca intorno a questo approccio epistemologico alternativo, che qui è però solo accennato.

Altro problema non da poco riguarda l’esatta interpretazione dell’Antropologia, o meglio della trattazione dell’anima. Che essa sia già una prefigurazione dell’inconscio si fa troppo presto a dirlo. D’altra parte l’A. non si esprime con favore nei confronti della partizione attribuita da Hegel allo spirito soggettivo, laddove mancherebbe un’ampia trattazione delle emozioni. Ciò che manca inoltre è uno studio esplicito e accurato della “bassezza” che per lo più contraddistingue le motivazioni dell’agire umano.

Per ciò che concerne invece lo spirito oggettivo, è da sottolineare l’assenza della nozione di potere, così pervasiva e decisiva, se declinata insieme a quella di forza, nel corso di tutto il Novecento, da Nietzsche a Foucault. Ciò che poi l’A. non ritiene di poter assolutamente accettare è l’esito cui giunge la filosofia della storia hegeliana, tutta volta a lasciarsi dietro le spalle “gli sconfitti della storia”.

Viene invece apprezzata e lodata dall’A. la rivisitazione hegeliana del Cristianesimo e in particolare della dottrina trinitaria. Per ciò che concerne l’Estetica hegeliana, l’A. ritiene che vada approfondito lo statuto proprio dell’intuizione in contrapposizione al concetto, al fine di fondare una teoria estetica libera dal soggettivismo di stampo kantiano.

Nonostante tutte le dure e precise critiche rivolte alla sistematica hegeliana, l’A. ritiene di poter affermare che l’impianto hegeliano sia al dunque quello tra i più coerenti e fenomenologicamente  tra i più ricchi prodotti nel suo tempo. Compito che la filosofia attuale dovrebbe proporsi – in netta controtendenza con lo spirito del postmoderno – sarebbe quello di integrarlo, mantenendolo come paradigma logico-fenomenologico di riferimento.

 

 

§2.    Alcune considerazioni sul testo

 

Proviamo a calarci all’interno del testo, considerando solo alcuni degli innumerevoli passaggi chiave che il lettore potrà poi approfondire autonomamente.

Andiamo allora innanzitutto alla trattazione dell’Antropologia, la prima parte della filosofia dello spirito soggettivo. Ritiene l’A. che non si potrebbero comprendere a fondo i concetti di coscienza e di autocoscienza, senza delineare preliminarmente lo spirito nell’Antropologia. L’Antropologia hegeliana acquisisce perciò una responsabilità non da poco, da considerare attentamente.

La trattazione antropologica hegeliana prende fondamentalmente a tema la nozione di anima, che ha come sua precipua determinazione il superamento dell’estrinsecità. Anima e corpo, spirito e materia, vita naturale e vita spirituale, non costituiscono dualismo ontologico, come nella metafisica moderna. L’anima perciò non esiste indipendentemente dal corpo. E così il corpo indipendentemente dall’anima. L’A. però si chiede in che modo possa destarsi la dimensione riflessiva e relazionale a partire da questo primo livello tutto naturale e immediato dell’animo umano. Innanzitutto c’è una relazione implicita fra soggetto e natura, in secondo luogo si instaura una relazione imperfetta fra diversi soggetti (come, per es., nel rapporto sessuale), in terzo luogo una relazione non ancora dispiegata ma tutta interna al soggetto individuale. Questo percorso mostrerebbe già il deficit di intersoggettività, presente anche all’altezza della Fenomenologia, laddove le relazioni soggetto-soggetto, sebbene anteposte alle relazioni soggetto-oggetto, sono di fatto subordinate all’autoriferimento puramente soggettivo.

Rileggendo l’Antropologia, con particolare riferimento alla trattazione della follia e nella fattispecie di quella che Hegel chiama l’idiozia [Der Blödsinn], soffermiamoci su un brano assai significativo, che vale la pena citare: «[…] un Inglese cadde in una mancanza d’interesse per ogni cosa, prima per la politica, poi  per i propri affari e la propria famiglia, se ne stava seduto in silenzio, con lo sguardo rivolto davanti a sé; per anni non disse una parola, e mostrò un inebetimento tale da far dubitare se conosceva o meno la propria moglie ed i propri bambini. Lo si guarì facendogli sedere di fronte un altro, vestito esattamente come lui, il quale lo imitava in ogni suo gesto. Questo causò nel malato un’intensa eccitazione, durante la quale la sua attenzione fu costretta a rivolgersi all’esterno, e quell’uomo che si era sprofondato in se stesso fu durevolmente portato fuori di se stesso.» [Enciclopedia, § 408 Aggiunta] Insomma, l’obietto terapeutico suggerito da Hegel ci pare evidente: uscire fuori di sé. Ciò che secondo Hegel va evitato a tutti i costi, da un punto di vista innanzitutto pratico-morale, ma anche speculativo, è la caduta in atteggiamenti, comportamenti, attitudini da anima bella. Il soggetto non può pretendere di coincidere con sé a discapito del mondo. Se non altro perché quello è il suo mondo. L’intersoggettività, perciò, non è alternativa all’autoriferimento soggettivo; così come questo non lo è a quella. Anzi, ci par di capire che per Hegel i due piani, le due direzioni, verticale (coincidenza con sé) e orizzontale (relazione con l’altro), siano necessariamente e dialetticamente legate. L’aporia, la follia, la patologia, si nutrono del tentativo di separare ciò che strutturalmente non può che tenersi assieme, come la vita.

D’altra parte, l’A. ritorna sul deficit di autentica e vera intersoggettività anche laddove, significativamente, commenta il processo di riconoscimento fra autocoscienze (Lotta e Signoria/Servitù): «[…] si mostra, infatti, così chiaramente l’incapacità di Hegel di ravvisare nelle strutture intersoggettive un plus categoriale rispetto alla relazione puramente conoscitiva soggetto-oggetto; anzi, in ultima istanza, egli guarda all’intero processo del riconoscimento soltanto come a un mezzo per pervenire alla coscienza razionale che le determinazioni del pensiero sono nel contempo oggettive. » (p. 474)

L’A. va alla ricerca, soprattutto all’altezza della Logica, di una categoria di intersoggettività, che possa garantire sia la relazionalità che la riflessività del concetto. È chiaro però che la ricerca non sarà soddisfatta, almeno da un punto di vista formale. L’approdo della Logica hegeliana è l’idea assoluta, nella quale l’idea del vero e l’idea del bene vanno a convergere costituendo un’unità puramente autoriflessiva, che non accoglie esplicitamente entro di sé alcun riferimento alla relazione con altro, cioè alla relazione concreta, fenomenologica fra soggetto-soggetto. Certo, anche a detta di Hegel, siamo in una dimensione squisitamente teoretica, nel pensiero di pensiero di stampo aristotelico. L’intersoggettività è presente nel riconoscimento, cioè proprio nell’Anerkennung, all’altezza dello spirito assoluto, laddove la coscienza fenomenologica realizza il riconoscimento perfetto, il perdono del male, che supera la dimensione patologica e solipsistica dell’anima bella, ma che in ogni caso è e resta un’esperienza a carattere antropomorfo, un’esperienza di coscienza, che, in quanto tale, si distingue, pur corrispondendole, dalla dimensione puramente categoriale del concetto. Allora, verosimilmente, il problema che si pone semmai è la necessità di rintracciare l’esatta corrispondenza fra esperienza riconoscitiva e suo proprio concetto. Ciò però non vuol dire che, di per sé, in ambito logico possa o debba sussistere un concetto, una categoria di riconoscimento, eventualmente coincidente con l’intersoggettività. Non neghiamo cioè che il riconoscimento abbia una sua logica, neghiamo semmai che possa sussistere una logica riconoscitiva, intersoggettiva.

L’intersoggettività presuppone l’esperienza, l’esistenza di soggettività date, immerse nel mondo della vita, così come appunto accade nell’esperienza fenomenologica del riconoscimento (sia nella lotta che nel perdono); il puro concetto, la pura categoria, l’idea, si muove su un piano distinto, epurato dall’esperire coscienziale e soggettivo, e che semmai coincide con il “puro stare a guardare”, cioè con il per Noi fenomenologico. Sebbene il rapporto e la corrispondenza, espressamente voluta da Hegel, fra Fenomenologia e Scienza della logica, costituisca uno dei nodi problematici fondamentali della sistematica hegeliana, tuttavia, potremmo forse rintracciare questa relazionalità, apertura all’altro da sé, e perciò almeno potenziale carica intersoggettiva dell’elemento logico, nella ‘libertà’ che quest’ultimo si prende quando, al suo culmine, decide di alienarsi nella natura. La scommessa poi che, nello spirito, il puro pensiero possa ritrovarsi, come se fosse un altro da sé, e tornare, pur rinnovato, a coincidere con sé, è analoga alla scommessa – il cui esito mai è garantito ex ante – di chi, nell’ambito di esperienze riconoscitive, struttura e configura il proprio Sé secondo dinamiche e logiche intersoggettive.

Senza poi contare il fatto che proprio la dialettica hegeliana possa in fondo essere considerata come un’esplicazione e articolazione dell’assiomatico motto di stampo aristotelico, secondo il quale la relazione viene prima dei termini o il tutto è prima delle parti.

Per concludere, il testo di Hösle, risulta quanto mai prezioso e nel suo genere unico, poiché si immerge analiticamente nel sistema hegeliano, smentendo quello che già fu indicato da Haering come “il segreto di pulcinella”, ossia l’incapacità di gran parte degli interpreti di Hegel di spiegare, parola per parola, i suoi scritti. Non escludiamo poi anche l’opportunità in sede didattica di utilizzare Hegels System come una vera e propria guida alla lettura che, ne siamo certi, diverrà un classico al pari degli Hyppolite e dei Kojève.

 

 

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